sabato 7 novembre 2020

L'ULTIMO UOMO di Mary Shelley

DEDICATO
AGLI ILLUSTRI DEFUNTI.
OMBRE, SVEGLIATEVI, E LEGGETE DELLA VOSTRA CADUTA!
ECCO LA STORIA
DELL'ULTIMO UOMO
TITOLO: L'ultimo uomo
AUTRICE: Mary Shelley
EDITORE: Jouvence
GENERE: Distopico, post-apocalittico

RECENSIONE:
Vi siete mai chiesti cosa si possa provare a essere l'ultimo umano sulla faccia terra?
L'ultima e la sola persona che cammina sulle strade desolate di un mondo che non vedrà mai più l'ombra dell'umanità?
Ebbene, L'ultimo uomo (The Last Man, 1826) di Mary Shelley è proprio la storia di Lionel Verney, uomo vissuto nell'Inghilterra del 2073, che, attraverso il racconto della sua tormentata vita e degli eventi nefasti che ne hanno fatto parte, ci narra con parole appassionate e struggenti come è giunto a essere l'unico essere vivente sulla terra.


Il romanzo è diviso in tre parti, o meglio tre libri, e in ognuno di essi assistiamo all'evolversi di un'esistenza dapprima ordinaria e successivamente travolta e trasformata da un avvenimento inaspettato: lo scoppio e la rapida diffusione di un'epidemia di peste.

Nel LIBRO I Lionel, il nostro protagonista/narratore, riporta alcuni frammenti delle sue origini natali e della sua sfortunata vicenda familiare.
Suo padre era un fedele e intimo amico del re d'Inghilterra. Il loro rapporto si basava sulla cieca fiducia reciproca, e al signor Verney era affidato anche il compito di consigliere reale.
Nonostante questo, però, egli non riusciva a stare lontano dalla vita mondana e dal gioco d'azzardo, sperperando tutti i suoi averi nella depravazione. 
Non potendo sopportare di essere visto come un uomo spregevole agli occhi del re, il signor Varney decise di abbandonare la casa reale per rifugiarsi in campagna, luogo in cui troverà l'amore e tirerà su la sua famiglia.
I vizi del passato, però, restarono sempre in agguato, e il signor Verney cedette facilmente alle sue debolezze e tentazioni. 

Caduto in disgrazia e prossimo alla morte, il signor Verney sotterra l'orgoglio e scrive una lettera di aiuto al suo amico re; ma nessuna risposta giungerà mai in suo soccorso.
Alla morte del signor Verney anche sua moglie abbandona le spoglie mortali per seguirlo nella tomba, lasciando i piccoli Lionel e sua sorella, Perdita, soli e senza alcun sostegno economico.

Con il passare del tempo Lionel riesce a guadagnare da vivere come pastore, ma il suo diventa un nome che difficilmente può essere dimenticato dai suoi compagni di lavoro e dalla gente del posto.
Il caratteristico temperamento irrequieto e il forte orgoglio che fin da bambino si trascina dietro, infatti, lo rendono simile a una bestia tormentata e irosa, sempre pronta ad escogitare mille piani (per nulla nobili) per attirare su di sé l'attenzione e i riconoscimenti altrui.
Il sentimento di avversione che nutre verso la famiglia reale per il loro mancato soccorso cresce di giorno in giorno, e nulla sembra capace di attenuare tale odio.

Negli stessi anni (parliamo del 2073) la monarchia inglese decade e viene istaurata la repubblica
Il re muore e la sua famiglia, costituita dalla regina e dai suoi figli Adrian e Idris, è costretta a stabilirsi nella residenza di Windsor.

Apparentemente per un caso fortuito, Adrian si trova a trascorrere un periodo di tempo nel Cumberland, la stessa regione in cui vive Lionel e sua sorella.

Venuto a conoscenza di questa notizia, l'antico e consolidato risentimento verso i reali prende a infiammare l'animo del protagonista, il quale, introducendosi clandestinamente nella proprietà di Adrian, comincia a deturpare qualsiasi cosa gli capiti sotto mano.
Questo suo vandalismo si ripete finché un incontro inaspettato non cambia totalmente la rotta del suo destino.

Diversamente da quanto si è immaginato, Lionel rimane profondamente sorpreso dalla personalità e dai modi del suo presunto ostile nemico.
Adrian è un ragazzo estremamente dolcesensibile e amante della natura, in grado di trasmettere, attraverso il suo sorriso gentile, una pace e una serenità capaci di ammansire anche la bestia più feroce. 
Tutta la sua persona è avvolta in un'armonia ammaliante, e le sue parole vivaci esprimono una saggezza solitamente estranea a un ragazzo così giovane.

In questo preciso istante nell'animo di Lionel scatta qualcosa: si sveglia in lui la consapevolezza che tutto il rancore, che da anni si porta dietro come un fardello pesante e ingombrante, lo ha reso cieco e insensibile a una vasta gamma di nobili sentimenti. 

Inevitabilmente tra i due nasce una sincera amicizia, quasi a voler rinnovare  l'antica lealtà e fiducia che vigeva tra i loro padri.

Vorrei aggiungere che nel ritratto di Adrian si possono facilmente riconoscere i tratti fisici e caratteriali dell'amato marito di Mary Shelley, Percy Bysshe Shelleyed è stato difficile per me (quasi quanto Lionel) non rimanere totalmente incantata dalla sua peculiare personalità.

La vita di Lionel, a questo punto, comincia a prendere una nuova piega. La misera condizione economica finalmente lo abbandona, e sia lui che sua sorella riscoprono il piacere di respirare un'aria nuova e ricca di felicità.


L'entrata in scena di un nuovo personaggio, però, capovolge le sorti di questa apparente tranquillità.
Il suo nome è Lord Raymond
Bello e affascinate, schietto e socievole, coraggioso e ambizioso condottiero delle armate greche (durante le guerre contro i turchi) e impareggiabile seduttore, Lord Raymond è indiscutibilmente la fotografia di Lord Byron (poeta romantico inglese e intimo amico dei coniugi Shelley).
 
Egli è determinato a ristabilire la monarchia, impossessandosi del potere che di diritto spetta ad Adrian, vero e unico erede al trono.
D'altro canto, Adrian non ha nessuna intenzione e interesse di riappropriarsi di questo titolo, poiché un amore non corrisposto attaglia il suo buon cuore e lentamente lo sta conducendo nel baratro della follia. 

Ambizione, amore e malattia appaiono come impetuosi compagni di viaggio dei nostri personaggi.
Alla fine, però, dopo una lunga serie di peripezie e fughe, ognuno riesce a riconquistare la propria meta: Lionel, contro il volere dell'ex-regina, sposa Idris; Raymond abbandona le sue aspirazioni di potere e sposa Perdita, il suo vero amore; e Adrian riacquista il senno e la sua singolare serenità. 
 
Il mio destino non è stato felice. A lungo ho convissuto col dolore, sono entrato nel tetro labirinto della follia, ne sono emerso, ma vivo solo a metà. Tuttavia, ringrazio Dio di essere ancora vivo! [...]
Sono lieto di aver visto i cambiamenti del suo giorno; di guardare il sole, fonte di luce, e la gentile luna pellegrina; di aver visto i fiori di fuoco del cielo, e le stelle fiorite della terra; [...]
Sono lieto di aver amato, e di aver provato la comunanza di gioia e dolore con i miei simili. Sono lieto ora di sentire il fiume dei miei pensieri fluire nella mente, come il sangue scorre nelle articolazioni del mio corpo; il semplice esistere è piacere, e io ringrazio Dio di vivere!
- Shelley, L'ultimo uomo, 199
  
Tutto è bene quel che finisce bene?
Assolutamente no!
Questo non è in nessun modo il finale che Mary Shelley ha previsto per il suo romanzo.


Lentamente una serie di eventi nefasti si abbattono violenti sulla cerchia di amici di Lionel, distruggendo quel dolce e irreale quadro idillico che tanto avrebbe voluto mantenere inviolato.

La prima disgrazia riguarda Perdita e Lord Raymond.
Una crepa irreparabile squarcia il loro rapporto di amore sincero, dividendoli nel dolore. L'unico modo per sopportare una tale agonia è la separazione; così, Raymond ritorna a vestire i panni da condottiero in Grecia e Perdita si trasferisce da Lionel a Windsor.


Nella seconda parte del romanzo, il LIBRO II, l'ambientazione si sposta in Grecia, dove terribili scontri tra greci e turchi preoccupano i familiari di Raymond, i quali, temendo per la sua incolumità, lo seguono in queste terre sconosciute.
L'animo combattivo e instancabile di Raymond conduce il popolo greco verso la conquista di numerose vittorie, benché le difficoltà non siano esenti. 
Le battaglie si susseguono ad un ritmo incessante per molte pagine, ma esse sono rese più accattivanti  grazie alle suggestive descrizioni dei luoghi e delle azioni, che richiamano indubbiamente lo spirito romantico e gotico dell'epoca in cui visse Mary Shelley.

A tal proposito, sono davvero incantevoli le numerose descrizioni delle scene notturne, nelle quali la sola luminosità della luna rischiara un paesaggio esotico, selvaggio e sublime
In questi momenti si percepisce veramente la potenza e la grandezza della natura e la piccolezza dell'essere umano di fronte ad essa, e una particolare sensazione di malinconia prende il sopravvento.  

La presa di Costantinopoli segna il successo della Grecia.
Iniziano però a giungere voci riguardo una presunta epidemia di PESTE che attanaglia la città.
Aprire le porte di Costantinopoli vale a dire aprire i cancelli dell'inferno, dando la possibilità di lasciare uscire uno dei male più terribili.
Il cuore dell'uomo, però, non riesce mai a scorgere nessun pericolo quando a guidarlo sono solo l'ambizione e la ricerca della gloria.

Da questo momento in poi, la peste comincia a espandersi e a invadere territori sempre più vasti, fino a giungere sulle coste inglesi. 
Le vittime dell'epidemia si fanno sempre più numerose. Non esistono delle cure in grado di debellarla, e l'unica tregua di questo infido male è l'inverno, ma con il suo allontanarsi la peste fa il suo infausto ritorno.

Lionel e Adrian cercano di unire le proprie forze per contrastare la pestilenza e salvare più persone possibili, ma una terribile consapevolezza comincia a invadere i loro cuori: il numero della popolazione mondiale diminuisce sempre più rapidamente.
Nel frattempo, fanatici religiosi cominciano a prendere piede aizzando le persone più fragili a seguire il loro credo e le loro pietose teorie sulla fine del mondo. 

L'estinzione della razza umana è imminente. Nessuno sa esattamente quanto ancora le lancette del proprio orologio continueranno a girare, e per quanto tempo ancora potrà camminare su una terra ormai mutata completamente. 
L'interrogativo che, però, perseguita Lionel è: chi sarà, alla fine di tutto, L'ULTIMO UOMO?

A migliaia morirono senza essere compianti, perché accanto al cadavere ancora caldo giaceva disteso, reso muto dalla morte, chi quel morto piangeva.
-Shelley, L'ultimo uomo, 292

Il romanzo di Mary Shelley viene genericamente definito un distopico e un post-apocalittico, sebbene non siano presenti temi politici quali il totalitarismo o la repressione. 
Il futuro presentato nel corso della narrazione (anno 2073-2096) è estremamente simile al presente ottocentesco dell'autrice: non ci sono macchine volanti o tecnologie raffinate, al massimo viene menzionata la mongolfiera come mezzo di trasporto più avanzato.
Il campo della medicina non appare così evoluto come poteva esserlo nel Frankenstein, e neppure si sottolinea un particolare interesse scientifico per la ricerca di una cura che possa mettere in salvo un'umanità in crisi.

In un certo senso questa situazione, frutto della fantasia dell'autrice, è assimilabile alla nostra condizione odierna: anche il nostro mondo è attanagliato da un virus di cui non si dispone ancora di una cura, e la comunità medico scientifica è alla costante ricerca di un vaccino che possa debellarlo il prima possibile. 

Lo stile non è molto scorrevole e immediato: i periodi sono lunghi e delle volte contorti, il lessico è molto raffinato, elegante ed evocativo. Questo è principalmente dovuto alla scelta del traduttore di voler rimanere fedele al testo originale (testo che non ebbe mai un'effettiva revisione da parte dell'autrice a causa delle sue condizioni di salute), evitando così di cadere nella tentazione di intervenire e modificare ciò che è proprio e caratteristico dello stile personale della scrittrice.
Ho apprezzato molto questa scelta, nonostante mi sia costato quasi un mese dietro a questo libro, ma vi assicuro che ne è valsa la pena.
Non manca assolutamente quel tocco gotico e macabro caratteristico della Shelley, che rende unico e impareggiabile il suo stile.

Un'altra volta fummo perseguitati per diversi giorni da un'apparizione alla quale la nostra gente diede il nome di Spettro Nero. Lo vedevamo soltanto la sera, quando il suo destriero nero come il carbone, il suo vestito luttuoso e il pennacchio di piume nere assumevano un aspetto maestoso che incuteva un timore reverenziale; il suo volto, disse uno che era riuscito a vederlo solo per un momento, era di un pallore cinereo.
-Shelley, L'ultimo uomo, 506

La mia edizione de L'ultimo uomo, ristampata recentemente dalla Jouvence, è davvero ben curata
Le note a piè di pagina ci informano delle particolari scelte di traduzione, rivelano le fonti utilizzate dalla scrittrice e tutti i riferimenti a fatti biografici.

Mary Shelley, infatti, con L'ultimo uomo ha voluto dare la possibilità ai suoi più intimi sentimenti, quali il dolore, la solitudine e la malinconia, di essere rielaborati ed espressi.
Tutto nella storia riflette la sua vita personale. Lionel è il suo alter ego, e come lei ha visto morire tutti coloro che amava, rimanendo solo e con un senso di puro isolamento.
La solitudine e la perdita sono i temi che più caratterizzano questo romanzo e possiamo percepirli nitidamente; eppure, non manca di quel sentimento di fiducia e speranza per un futuro migliore, un futuro nel quale un'umanità nuova ricomincerà ad affollare il mondo.

Un libro che fa soffrire, vero, ma che parla di speranza, una speranza che non muore e una speranza in un futuro migliore. 

Caro FANTASMAGORICO LETTORE, 
se sei giunto fin qui sei il mio eroe del cuore e ti ringrazio!
Inoltre, se il libro recensito ti ha incuriosito e provi una perturbante e insana voglia di leggerlo, puoi agevolmente cliccare QUI.
Sono affiliata ad Amazon, per cui se deciderai di acquistare il libro da questo link io ne ricaverò qualche fanta-monetina che dissiperò amaramente nella compera di altri libri.

5 commenti:

  1. Non lo conoscevo, purtroppo quando un autore diventa famoso per un libro poi sembra che non abbia scritto altro... invece è una piacevole scoperta sempre belli gli spunti che dai!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Esattamente! Mary Shelley viene quasi esclusivamente ricondotta al FRANKENSTEIN ed è un vero peccato perché ha scritto molti libri che meriterebbero maggiore attenzione. Grazie mille per essere passata 💜

      Elimina
    2. Esattamente! Mary Shelley viene quasi esclusivamente ricondotta al FRANKENSTEIN ed è un vero peccato perché ha scritto molti libri che meriterebbero maggiore attenzione. Grazie mille per essere passata 💜

      Elimina
  2. Sicuramente una scelta di lettura molto coraggiosa. Mi si spezza sempre il cuore quando si parla di analogie con la vita di Mary. Questo libro credo fosse sconosciuto a molti, grazie per avercelo presentato.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Vero, anche a me. Il suo modo di rispecchiarsi nei sentimenti ed emozioni dei suo personaggi mi colpisce sempre, prima nel Frankenstein e ora in questo libro. Grazie di cuore per essere passata✨💜💜

      Elimina

MOONACRE. I SEGRETI DELL'ULTIMA LUNA | Il cavallino Bianco di Elisabeth Goudge

Per te nessun passato, cavallino, né rimpianto, né futuro da temere nella foresta d'argento... Sotto la luna, solo il presente ti aspett...