Esse non parlavano, mentre conversavano con Levana; non bisbigliavano; non cantavano; [...]
Esse cospiravano tra loro; e sugli specchi dell'oscurità il mio occhio seguiva i loro complotti. I simboli erano i loro; le parole sono le mie.
Chiamiamole Nostre Signore del Dolore.
TITOLO: Suspiria de Profundis
AUTORE: Thomas de Quincey
EDITORE: Garzanti
COLLANA: I piccoli grandi libri
TRAMA: Scritto nel 1845, Suspiria de Profundis precipita il lettore in un vortice di oniriche e inquietanti visioni. Permeato da un profondo senso di decadenza e di morte, il racconto è dominato dai temi della memoria e della fugacità del tempo: in un'incalzante sovrapposizioni di piani temporali. De Quincey medita sulla miseria della condizione umana, effimera e condannata a uno stato di dolore e afflizione perenni, fatalmente trasmessi da una generazione all'altra.
RECENSIONE:
Ancor prima dello sviluppo e della diffusione della psicoanalisi freudiana e delle sue idee rivoluzionarie, Thomas de Quincey si presenta come un vero e proprio visionario, un anticonformista, che riuscì con i suoi scritti ad anticipare i tempi e i principi cardine della psicologia del profondo. Egli indagò minuziosamente su quella che definisce la misteriosa camera obscura, la mente umana, percependo e riconoscendo la vitale importanza dei sogni.
Una facoltà, quella del sognare, che viene turbata e dissipata dal costante progresso della società moderna.
L'età vittoriana, epoca in cui visse l'autore, fu un periodo storico ricco di profonde trasformazioni economiche e sociali, mutamenti che hanno condotto verso un terribile e irrefrenabile deterioramento del meccanismo del sogno.
La solitudine, quale momento di intima meditazione, di accrescimento dell'intelletto e della facoltà di sognare, diviene ormai un'utopia nell'intensa e caotica vita sociale.
A questo punto, se tutte quelle possibilità di accrescere la capacità onirica dell'uomo si sono inesorabilmente disperse nella superficialità dell'epoca moderna, Thomas de Quincey spiega che esiste un agente che favorisce il recuperaro di questa potenzialità: l'oppio.
De Quincey fa riferimento alla sua opera precedente Confessioni di un oppiomane (1921), una sconcertante autobiografica che lo incoronò come celebrità letteraria al pari dei suoi amici e colleghi Wordsworth e Coleridge, con i quali condivise idee, vicinato e... OPPIO.
In questo libro lo scrittore descrive i poteri straordinari di questa sostanza allucinogena nell'esaltare i colori del sogno e nel rafforzarne le ombre.
Col tempo questa via prediletta per il recupero di ciò che sembrava essere perduto, si trasforma, però, in una terribile dipendenza.
Il suo tormentoso rapporto con l'oppio divenne persino fonte di ispirazione per scrittori illustri come Baudelaire ed Edgar Allan Poe.
Assieme alla facoltà di sognare, l'oppio possiede l'abilità di ampliare le dimensioni del tempo.
Tu vedi, dunque, quanto sia limitato, incalcolabilmente limitato, il vero e reale presente. Di quel tempo che chiamiamo il presente, appena una centesima parte non appartiene a un passato che è già fuggito o a un futuro che ancora si avanza.
In una società nella quale la velocità è tutto, la possibilità di rallentare i ritmi diviene una vera necessità per chi, come de Quincey, vuole continuare a sognare.
Che cos'è il cervello umano se non un naturale e grandioso palinsesto?
Un altro tema che de Quincey tocca con magistrale poesia è quello della memoria, attraverso la geniale analogia del palinsesto. Esso è una pergamena o una membrana da cui più volte è stato cancellato il manoscritto.
Un oggetto curioso al quale accostare le facoltà mnemoniche dell'essere umano.
Un sovrapporsi infinito di pensieri, immagini, sentimenti... Ogni strato successivo cancella quello precedente, anche se, in realtà, nulla viene mai rimosso completamente.
Proprio come le innumerevoli e misteriose calligrafie iscritte nel palinsesto e rinvenute grazie alla magia della chimica moderna, il cervello umano possiede la capacità di far risorgere dall'oblio della dimenticanza ogni nostra esperienza, gioiosa o dolorosa che sia.
Ed è proprio il dolore il successivo argomento che de Quincey decide di sviscerare.
L'autore narra che spesso, durante il periodo passato ad Oxford, nei suoi sogni si manifestava la figura misteriosa di Levana, che lo scrittore inglese descrive in un modo assolutamente affascinante.
Levana, dea latina protettrice dei neonati e tutrice dell'educazione della prima infanzia, nei suoi sogni appare frequentemente in intima unione con tre oscure sorelle: le Nostre Signore del Dolore.
Poiché anche i bambini più piccoli non di rado esperiscono forme di sofferenza e miseria.
De Quincey, nel parlare di queste dame, propone un costante riferimento al numero magico e mitologico del tre: tre sono le Grazie, che adornano di bellezza la vita dell'uomo; tre sono le Parche, che tessono il destino umano; e, infine, tre sono le Furie, che portano l'espiazione per gravi colpe commesse.
L'autore spiega di conoscerle molto bene, e di averle incontrate tutte lungo il cammino della sua vita.
La prima che viene descritta è Mater Lachrymarum, Nostra Signora delle Lacrime, la maggiore delle tre; ed è lei che notte e giorno delira e geme, invocando volti scomparsi, rappresentando la più pura disperazione.
Ella è seguita da Mater Suspiriorum, Nostra Signora dei Sospiri, colei che non piange e non geme, ma sospira impercettibilmente a intervalli; ella accompagna i vagabondi senza dimora così come gli uomini gloriosi e di alto rango, che hanno ricevuto in segreto il suo marchio, e li conduce nello sconforto più totale.
L'ultima sorella, la più giovane ma anche la più spaventosa, è Mater Tenebrarum, Nostra Signora delle Tenebre. Ella si presentata come la madre della follia, l'ispiratrice dei suicidi.
Se i loro nomi risuonano familiari alle vostre orecchie, miei cari lettori e mie care lettrici, sicuramente ricorderete la trilogia de Le tre madri, composta da Suspiria (1977), Inferno (1980) e La terza madre (2007), di Dario Argento; infatti il regista di film horror si ispirò alle Nostre Signore del Dolore di Thomas de Quincey per la creazione dei suoi capolavori cinematografici.
Suspiria de Profundis è uno di quei libricini che difficilmente può essere racchiuso in una categoria ben specifica; poiché si presenta contemporaneamente come una sorta di racconto immaginario dalle tinte autobiografiche e come un piccolo saggio filosofico.
Thomas de Quincey, attraverso una prosa complessa ed estremamente elegante, si spinge verso l'esplorazione di mondi onirici e dimenticati, di incubi reconditi e di atmosfere surreali. Il tutto immerso in clima di puro romanticismo decadente.
L'opera possiede, inoltre, la formidabile capacità di suscitare una buona dose di curiosità e destare la più profonda riflessione su temi che tutt'ora sono i protagonisti del nostro tempo.
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