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sabato 7 marzo 2020

LA TRILOGIA DEI COLORI: Il Violino Nero

“Per diventare virtuosi del violino occorre possedere due qualità: saper ascoltare e saper sentire.”



TITOLO: Il Violino Nero
AUTORE: Maxence Fermine
EDITORE: Bompiani
TRAMA: Il violino nero è la seconda storia, nera come le note del pentagramma, inquietante come l'atmosfera di una Venezia silenziosa ma percorsa da echi della coscienza e dei desideri. Un giovane genio coltiva l'ambizione di "mutare in musica la propria vita". Una donna misteriosa esprime in un canto dalle divine sonorità la profonda innocenza della sua anima. Un anziano liutaio ha creato uno splendido violino, nero come gli occhi e la chioma di quella donna…
RECENSIONE:
Johannes Karelsky è un violinista, ma non appartiene assolutamente a quella categoria di bravi esecutori o bravi compositori. Egli possiede l'innata capacità di mutare in musica qualsiasi aspetto della vita e, in particolar modo, della propria anima.
Dalla più tenera età fino al compimento dei trentun anni, il suo talento ha sempre avuto la capacità di abbagliare chiunque lo ascoltasse, divenendo ben presto una grande celebrità conosciuta e acclamata in ogni angolo del mondo.
Questa vita di successi, però, si conclude prematuramente.
Dopo la tragica scomparsa della madre, Johannes perde ogni interesse per la vita pubblica e, stanco di essere solo un ludico passatempo nelle corti d'Europa, decide di stabilirsi a Parigi e di guadagnarsi da vivere impartendo lezioni di musica.
In questo preciso momento Karelsky si convince che è giunta l'ora di dar vita alla sua tanto sognata opera, seguendo la sua vocazione di compositore. Purtroppo, la guerra irrompe violenta nella sua esistenza, costringendolo ad arruolarsi nell'esercito di Napoleone per prendere parte alla campagna d'Italia.
Johannes è costretto a dire addio alla musica, alla gloria e al successo per abbracciare la morte e il dolore di quella che sarà un'incessante e crudele carneficina.
I giorni passano e le battaglie si susseguono ad un ritmo estenuante; le perdite di uomini sono ingenti e non passa secondo senza interrogarsi su quando giungerà il suo momento, quando toccherà a lui rimanere disteso in quel campo di morte.
Privo di ogni preavviso, arriva furiosa su Johannes la lama di una sciabola che lo ferisce attraversandolo da una parte all'altra e un solo pensiero martella la mente del violinista: è giunto il momento di arrendersi, di abbandonarsi completamente al tragico destino della mia esistenza.
Chiusi gli occhi, forse per sempre, li riapre quasi immediatamente incuriosito da uno strano e innaturale fruscio: l'immagine di una donna appare davanti a lui e prende a cantare una melodia celestiale.
Lentamente, rivolgendosi al ferito, gli avvicina una borraccia di acqua fresca e lo lascia bere, infondendo in lui nuova vita. 
Al risveglio l'ufficiale medico dello stato è intento a medicare le sue ferite: il violinista è salvo.
Dopo questo terribile incidente in battaglia, Karelsky è costretto ad abbandonare l'esercito rimanendo nel presidio d'occupazione nella città di Venezia.
Silenziosa e tranquilla, appare al violinista il luogo ideale per poter ritrovare la sua musica e comporre la sua opera.
Il musicista trova alloggio presso la grande casa di un vegliardo, Erasmus, vicino piazza San Marco.
In questo luogo antico e un po' magico, Johannes trascorre molto del suo tempo con il proprietario e, discorrendo, viene a conoscenza del suo passato di un liutaio presso la bottega del famoso Stradivarius. Ben presto si accorge anche che il suo amico possiede tre cose eccezionali in casa: una scacchiera magica, una grappa senza età e un violino nero dal suono strano.
Quel violino così tetro, inevitabilmente, inizia ad ossessionare Johannes tanto da condizionare e inasprire la sua vena creativa e rallentare la stesura della sua opera; in più, ogni notte, la donna che lo salvò dalla morte gli fa visita accompagnando i suoi sogni con le melodie più dolci e soavi. 
Nei giorni seguenti il tormento sembra non volerlo abbandonare, e Erasmus si accorge della sua irrequietezza e decide di narrargli una storia al limite della fantasia.
Una misteriosa vicenda aleggia attorno a quel violino così nero e imponente, e una macabra tragedia è legata alla sua costruzione.
Una voce angelica sarà il filo conduttore di tutto il racconto che svelerà finalmente la verita a Johannas.
Cupo e malinconico, Il violino nero si accomuna a Neve, il primo romanzo della trilogia, per lo stile di scrittura, minimalista ed essenziale, che dona quel tocco leggero e sognante alla narrazione; ma, la differenza più evidente fra le due opere sta in quel velo di ombrosità che si stende su tutta la vicenda del protagonista: il successo indesiderato, la guerra crudele, l'allucinazione della donna, l'ossessione di scrivere l'opera perfetta, la frustrazione di non riuscire a trasferirla su carta e il tormento di un malessere indescrivibile. Tutto questo induce il lettore ad indentificarsi con i sentimenti e le emozioni di Johannes, immergendolo in una sensazione di disagio e tristezza.
Personalmente ho preferito il secondo romanzo proprio per queste caratteristiche, assenti totalmente nel primo, che lo rende meno utopico e perfetto… proprio come la vita reale.


mercoledì 26 febbraio 2020

LA TRILOGIA DEI COLORI: Neve

La neve è una poesia. Una poesia di un candore smagliante.”



TITOLO: Neve
AUTORE: Maxence Fermine
EDITORE: Bompiani
TRAMA: Tre colori, tre favole piene di poesia e di emozioni. La prima, Neve, è bianca e riposante, come la neve e l'Asia che la ispirano. Yuko è un giovane poeta giapponese. Nei suoi haiku sa cantare solo lo splendore e la bianchezza della neve. Soseki è un ansiano pittore divenuto cieco che vive nel ricordo di un amore perduto. Neve è una ragazza bellissima. Il suo corpo giace per sempre tra i ghiacci. A legare i loro destini, un filo, disperatamente teso tra le cime di due montagne, come simbolo di un esercizio funambolico impossibile da eseguire.
RECENSIONE:
Yuko Akita è un giovane che vive nelle lontane e bianche terre del Giappone del nord.
In questo luogo di lande fredde e desolate, Yuko ha trovato la sua ragione di vita, la sua vocazione: comporre gli haiku (una breve forma di poesia di tre versi e diciasatte sillabe) per poter celebrare attraverso le parole la bellezza e la purezza della neve.
Lo scrivere poesie non è assolutamente un passatempo o un semplice mestiere per Yuko, bensì rappresenta il motivo della sua stessa esistenza, nonché l'unico modo per lasciar trasparire l'essenza vera e la natura divina della neve.
La scelta d'essere poeta, però, non è stata ben accolta dalla sua famiglia, in particolar modo da suo padre, che ha tentato più volte di indirizzarlo verso la tradizionale carriera di guerriero o di monaco.
Tuttavia la perseveranza è così radicata e forte in Yuko che continua imperterrito a rimanere fermo in contemplazione di quel candido manto gelido, ispirato dalla sua forma mutevole e dal suo colore splendente.
Yuko possiede inoltre una particolare ossessione per il numero sette, tanto da considerarlo un numero magico: diciasette sono gli anni in cui è diventato poeta; diciasette sono le sillabe che compongono un haiku; sette sono i gatti che possiede; settantasette sono gli haiku che ogni inverno si propone di scrivere, dimenticando poi la neve per il resto dell'anno.
Ben presto il suo nome acquista sempre più fama, cominciando a viaggiare per tutto il Giappone. Inevitabilmente il mito del suo talento raggiunge le orecchie dell'imperatore, il quale, incuriosito, invia il proprio poeta di corte per valutare le reali ed effettive capacità di questo giovane scrittore di haiku.
Innegabile è la bellezza e la particolarità del suo lavoro poetico, ma la sua arte manca di quell'elemento fondamentale: il colore.
Tutte le sue opere sono meravigliosamente belle, danzanti, musicali, ma sono prive di colore... una scrittura così disperatamente bianca, quasi invisibile.
Al giovane Yuko viene caldamente consigliato di recarsi dal maestro Soseki, un ansiano poeta cieco che possiede l'arte assoluta, poiché è innanzitutto un pittore. Aggiungono che non deve perdere altro tempo, in quanto Soseki è molto anziano e potrebbe morire presto.
Il protagonista si mette in viaggio, ignaro del fatto che ci saranno ben altre rivelazioni oltre la poesia che lo condurranno verso la consapevolezza che essere un poeta è come essere un funambolo: sospeso in equilibrio su un filo instabile, in movimento su una linea retta nel vuoto più assoluto.
Scoprirà cosa significa amare e cosa l'amore produce nell'animo umano e la sua vita inizierà a tingersi di altri mille colori.
Poetico, fiabesco, delicato e soffice, il romanzo di Fermine si delinea in uno stile minimalista e simbolico caratterizzato da frasi brevi e spezzate, capitoli di poche righe, descrizioni essenziali di personaggi e luoghi.
Si potrebbe dire di trovarsi davanti ad una fiaba moderna, che ci instrada verso un mondo ideale e utopico; una storia surreale che ha la capacità di offrirci con semplicità e genuinità piccoli spunti di riflessione. Temi come l'amore, l'arte, la scoperta di sé stessi, la crescita personale sono toccati con delicatezza e sensibilità spirituale, e ci mostrano come lo sviluppo delle emozioni che, partendo da un solo colore, cominciano a tingersi di mille sfumature splendenti.
Un libro molto bello nel suo genere e, nonostante non sia esattamente la mia lettura preferita, lo consiglio a tutti coloro che amano i romanzi introspettivi e, per certi versi, metaforici.

MOONACRE. I SEGRETI DELL'ULTIMA LUNA | Il cavallino Bianco di Elisabeth Goudge

Per te nessun passato, cavallino, né rimpianto, né futuro da temere nella foresta d'argento... Sotto la luna, solo il presente ti aspett...