mercoledì 23 giugno 2021

LA CATTIVA STRADA di Sébastien Japrisot

Ininterrottamente, senza desiderio, o forse senza capire il suo desiderio, aspettava che finisse la notte e poi che finisse il giorno. Non esisteva durante la notte. La vita era solo quel momento della sera in cui, in un'aula deserta, due mani gli accarezzavano il viso con un gesto materno. Era soltanto quella tonaca bianca, il fruscio di quella veste quando suor Clotilde camminava, il tepore di una spalla, un profumo di donna.
- Sébastien Japrisot, La cattiva strada, 77

TITOLO: La cattiva strada
AUTORE: Sébastien Japrisot
EDITORE: Adelphi
TRADUZIONE: Simona Mambrini
SINOSSI:

RECENSIONE:
Ogni anno è sempre la stessa storia.
Denis ha ormai quattordici anni, e tutto quello che circonda la sua vita gli appare tristemente immobile e insipido.
La scuola che frequenta, le preghiere della messa, gli austeri professori, i suoi inseparabili amici, le punizioni per il suo carattere esuberante... nulla è cambiato e nulla sembra in procinto di farlo.
Persino i suoi genitori continuano a comportarsi allo stesso modo con lui, e a trattarlo come un ragazzino che non può capire certe cose o, addirittura, che non può conoscerle ancora.
Tuttavia, contrariamente ad ogni sua previsione, un incontro insolito stravolgerà la sua intera esistenza.

Sono i giorni prima delle vacanze di Natale, e la scuola ha organizzato per gli studenti un ciclo di visite in ospedale, con lo scopo di tener compagnia agli infermi. 
Denis non ha particolare interesse in questa iniziativa, tanto da preferire le punizioni a un tedioso pomeriggio tra i malati. 
Tuttavia, alla fine si trova costretto a fare questo sforzo.

Tra le stanze e i corridoi tutti uguali dell'ospedale, Denis è alla ricerca di qualcuno che possa accompagnarlo dai suoi compagni senza perdersi in continuazione.
Ed è proprio qui che incontra suor Clotilde.
Una giovane suora di ventisei anni, dall'aspetto particolarmente bello, che gentilmente gli fa strada nell'intricato ospedale.

Qualcosa, però, lascia particolarmente turbato Denis.
Una sensazione indescrivibile, che non aveva mai sperimentato prima, lo invade.
Un desiderio impetuoso comincia a bruciare dentro il suo corpo, e il volto dolce di suor Clotilde è praticamente marchiato a fuoco nella sua mente
Può mai essere amore quello che prova? 

Da questo momento in poi una trascinante e passionale storia d'amore intrappolerà entrambi i protagonisti in una relazione controversa, che sarà costretta a fare i conti con la rigida morale cattolica, con la legge e con la crudeltà delle persone.

Dio è morto? Esiste qualcun altro oltre a noi? A noi due insieme? Dio è morto. Esistiamo solo noi.
- Sébastien Japrisot, La cattiva strada, 126

La cattiva strada (Les mal partis, 1950) è un romanzo molto potente ed emozionante, drammatico per certi versi, ma davvero coinvolgente.

La trama di per sé è molto semplice e lineare
Tutto si articola attorno all'impossibile storia d'amore tra Denis e suor Clotilde e alla sua evoluzione nel corso della narrazione.
Anche l'ambientazione e gli eventi storici che fanno da background alla vicenda (ci troviamo in Francia durante la Seconda Guerra Mondiale), seppur siano abbastanza percepibili, rimangono sempre marginali.

Questa semplicità emerge anche nello stile di scrittura dell'autore, che definirei estremamente essenziale.
La prosa è pulita e sobria, quasi scarna; ma sono proprio queste qualità a renderla particolarmente incisiva e d'impatto.

Infatti, il giovanissimo Japrisot (all'epoca diciottenne) è riuscito a gestire alla perfezione questi pochi elementi a sua disposizione, sprigionandone un potenziale espressivo non indifferente.
In particolar modo, dimostra una grande bravura e dimestichezza nel cambio di punti di vista, che permette al lettore di seguire la vicenda da due prospettive diverse.

La caratterizzazione dei personaggi è uno degli aspetti più riusciti di tutto il romanzo.
L'autore scava nel profondo dei protagonisti, sviscerando quel turbinio di pensieri, emozioni e sensazioni contrastanti che affollano la loro interiorità.
La sua abilità di sondare la psicologia dei personaggi permette al lettore di approfondire questa relazione fuori dalle righe.

Sia Denis che suor Clotilde, per la prima volta, si confrontano con un sentimento nuovo: un amore travolgente e del tutto incontrollabile
Denis è in piena adolescenza, e vive ogni esperienza con la massima intensità.
Questo vale anche per l'affetto che prova per suor Clotilde, un affetto passionale, irruento, incontenibile e... tormentato. 
L'idea che questo innamoramento non sia sano, sbagliato agli occhi di Dio, lo angoscia terribilmente. 
Così come tortura l'animo di suor Clotilde, la quale tenta invano di reprimere questa attrazione, cercando di trasformarla in un sentimento più materno e ammissibile per il suo ruolo. 
Denis è riuscito a mandare per l'aria quella precaria accettazione che si era costruita a fatica negli anni, la stessa che la aiutava a sopportare una scelta non sua.

A un certo punto ho dovuto scegliere. Ma non ho scelto io. E' stato il nulla che ero a scegliere per me. io non ero ancora nata. E adesso, a ventisei anni, mi accorgo all'improvviso che mi sto muovendo, che vedo una luce in fondo al tunnel.
- Sébastien Japrisot, La cattiva strada, 99

La cattiva strada, in fondo, non è altro che un libro di scelte, buone o cattive che siano agli occhi degli altri. 
Ciò che conta veramente è intraprendere una strada, quella strada che è il risultato di una propria decisione.

Nel corso del romanzo assistiamo ad una commovente e incredibile evoluzione da parte di entrambi i personaggi, che si lasciano alle spalle la rigida e bigotta morale religiosa e i pregiudizi del pensiero comune, e si abbandonano alla naturalezza del loro amore, nonostante questo significhi apparire agli occhi della società come degli irresponsabili o dei poco di buono.

In conclusione, non posso che consigliarvi questo romanzo straordinario dal sapore tragico e malinconico.









mercoledì 9 giugno 2021

HENRY & JUNE di Anais Nin

Mi siedo davanti a una lettera o a un mio diario con il desiderio di onestà, ma forse alla fine sono la più gran bugiarda di tutti, più bugiarda di June, più bugiarda di Albertine, per via della mia apparenza di sincerità.
- Anais Nin, Henry & June, 49

TITOLO: Henry & June
AUTRICE: Anais Nin
EDITORE: Bompiani
COLLANA: Tascabili Bompiani
SINOSSI: Tratto dal diario non censurato di Anaïs Nin, questo ritratto autobiografico copre il periodo trascorso dall'autrice a Parigi tra il 1931 e il 1932. A quell'epoca risale l'incontro con Henry Miller e sua moglie June: un incontro che segnerà una svolta importantissima nell'evoluzione sentimentale e letteraria della scrittrice. Attratta dal fascino geniale di Miller e turbata dalla fisicità di June, la giovane Anaïs Nin inizia una sorta di educazione erotico-sentimentale che la condurrà alla completa maturazione emotiva e personale. Da questo gioco a tre, sotto la magistrale ''regia'' di Miller, sullo sfondo della Parigi negli anni trenta, si sviluppa un libro dai risvolti morbosiche completa l'immagine provocatoria di una scrittrice ormai consacrata tra i nomi più illustri della letteratura contemporanea. Titolo originale: ''Henry and June'' (1986).

RECENSIONE:
Dopo aver conosciuto una fantasmagorica Anais Nin romanziera, attraverso la sua opera surrealista La casa dell'incesto, mi sono lasciata incantare da una Anais Nin diversa, più intima e confidenziale... l'Anais Nin scrittrice di diari.

Questi quaderni, apparentemente così ordinari, assumono un ruolo fondamentale e imprescindibile nella vita dell'autrice, tanto da considerarli come una vera e propria dipendenza che ha continuato ad alimentare fino alla sua morte, avvenuta nel 1977.

Il diario nelle mani della Nin si trasforma in uno strumento intermediario tra il suo inconscio e la sua razionalità.
La scrittura diventa un mezzo atto a esternare e indagare tutto quello che si contorce dentro di lei: flussi di pensieri, immagini, sentimenti, sofferenza... 
Essenzialmente, tutto il suo mondo tumultuoso e affascinante è racchiuso in queste pagine sacre.

Nelle mani di un individuo ordinario il diario può essere considerato come un semplice rifugio, una fuga dalla realtà, come l'ennesimo stagno di Narciso, ma  Anais si rifiuta di lasciarlo affondare in questo modello...
- Anais Nin, Henry & June, 258

L'autrice conduce senza paura un'esplorazione estremamente profonda di se stessa e delle persone che la circondano, sviscerando fino in fondo l'intensità delle proprie passioni e della propria sessualità. 

Grazie alle sue parole, scopriamo alcuni aspetti interessanti del suo modo di amare: da una parte incontriamo sentimenti genuini, quasi materni, nei confronti del marito Hugo, il suo porto sicuro; dall'altra, invece, ci imbattiamo nei suoi desideri più carnali, quelli rivolti a chi desta in lei le emozioni più forti e incontrollabili.

Per questa sua duplicità, la Nin decide di scrivere due diari parallelamente: uno che potremmo definire ufficiale e un altro segreto.
A differenza della prima tipologia, che conosceva e leggeva anche Hugo, la seconda possedeva un carattere più intimo, in quanto riportava riflessioni sulla propria sessualità e contenuti dettagliati ed espliciti riguardo le sue relazioni extraconiugali e incestuose.
 
In quest'ultima categoria di quaderno "censurato" appartiene il diario rosso (quello che Bompiani inserisce in Henry & June).
Non è un caso che il titolo citi proprio due delle personalità protagoniste di queste pagine, le quali sconvolgeranno completamente l'intera vita di Anais Nin.

Siamo nella Parigi del 1931.
I coniugi Miller appaiono subito come una coppia molto enigmatica, difficile da inquadrare, ma, allo stesso tempo, intrigante.
Nella loro fama controversa c'è qualcosa che cattura l'attenzione di Anais, spingendola ad approfondire questa nuova conoscenza.

Vive nel riflesso di sé negli occhi degli altri. Non osa essere se stessa. Non c'è nessuna June Mansfield.
- Anais Nin, Henry & June, 22

Fin da subito le è chiaro che il suo rapporto con June oltrepassa i sentimenti di una semplice amicizia.
Quello che nasce è un amore alimentato dalle innumerevoli bugie di June, che intesse attorno alla sua persona fatta di tanta apparenza.
Anais non sa mai fino in fondo chi sia questa donna, nonostante riesca a scorgere dietro il suo aspetto da femme fatale una persona fragile e dipendente.
Quello che la Nin scopre di June Mansfield è un qualcosa che neppure suo marito Henry ha mai provato a immaginare, fisso in una concezione sbagliata di lei.

Invece, chi è Henry Miller?
Uno scrittore squattrinato che riversa nelle sue opere la parte più cinica, feroce e realista della sua personalità... quella che non risparmia nessun genere di critica.
Eppure, questo Henry analista è lo stesso uomo che non è riuscito a rimanere immune al fascino seducente di Anais Nin, una donna con la quale adora sia discutere di letteratura e scrittura che amare appassionatamente nella camera del suo appartamento a Clichy.
Ed è la stessa donna che possiede le capacità di farlo sentire smarrito nell'universo delle sue certezze, distruggendo quella corazza di durezza e rabbia che lo protegge dal mondo.

Se inizialmente la loro poteva essere considerata una semplice attrazione carnale, alla fine cogliamo una profonda evoluzione che li conduce verso un amore intenso e viscerale.
Insieme le loro personalità si completano, ed è come se due mondi, uno più razionale e l'altro più sentimentale, si unissero per dar vita a una relazione unica.

Anais inserisce tra le pagine del suo diario alcuni estratti delle lettere che Henry le scriveva quotidianamente, rendendo ancora più coinvolgente la lettura.
Da queste parole possiamo scorgere un uomo completamente innamorato, posto quasi in atteggiamento di divinazione verso questa donna talmente unica da sembrargli irreale.
Il sentimento di ammirazione, inoltre, si rivolge anche alle grandi abilità della Nin di creare uno stile di scrittura innegabilmente singolare.

... Soprattutto è la lingua della modernità, la lingua dei nervi, delle repressioni, di pensieri larvati, di processi inconsci, di immagini non completamente staccate dal loro contenuto onirico; è la lingua del nevrotico, del pervertito, "marmorizzata e venata di verde ramè", come dice Gautier, riferendosi allo stile della decadenza...
Quando cerco di capire a chi devi questo stile, rimango frustrato. Non mi viene in mente nessuno a cui assomigli anche minimamente. Mi ricordi soltanto te stessa...
- Anais Nin, Henry & June, 260

Concordo pienamente con quanto scritto da Miller.
Lo stile di scrittura della Nin  è elegante, sinuoso e surrealista.
Si alternano periodi molto lunghi e articolati, che sembrano rallentare il tempo e lasciare l'azione sospesa, a frasi brevi e spezzate, che creano un ritmo frenetico e ansiogeno.
Questo andamento contrastante e ambiguo riesce a sedurre, stupire e turbare.
Quando crediamo di essere sprofondati nelle contorte, e delle volte contraddittorie, riflessioni della Nin, ecco che qualcosa esplode, cambiando repentinamente la velocità della narrazione.

Anais Nin riflette nelle sue parole il suo amore per la sperimentazione, una particolare audacia che la contraddistingue sia nella sua arte che nella sua vita.
Non tutti, infatti, hanno il coraggio di chiudere gli occhi e vedere se stessi senza maschere.
L'autrice fa uso di uno strumento, il più delle volte sottovalutato, per indagare i meandri del proprio essere: l'immaginazione.
Essa è un qualcosa di così personale che inevitabilmente ci mostra parte di noi. 
Il difficile, però, è saper tradurre questo linguaggio estremamente personale in quello della ragione, sfida che la Nin ha accettato senza esitazioni.

All'interno del libro non possiamo fare a meno di addentrarci sempre di più nella vita interiore della scrittrice, scoprendo ferite che ancora tentano di rimarginarsi.
Anais vuole amare, ma, soprattutto, vuole essere amata
Il motivo per cui si circonda di innumerevoli relazioni amorose è proprio quello di placare il dolore di un vuoto che si porta dentro da quando era bambina: l'assenza di un padre che le ha lasciato solo un ricordo terribile.

Anais sfrutta il suo aspetto peculiare per incuriosire e ammaliare, mascherando quel fisico minuto da eterna bambina sotto un abbigliamento eccentrico e fuori moda, che le conferisce un tocco esotico e magico difficile da ignorare.

Interessante e magnifica è la sua evoluzione nel corso del diario, un'evoluzione che ha preso un evidente avvio dopo la conoscenza di June e Henry, per poi spostarsi sul campo della psicoanalisi.

Personalmente ho trovato questo libro davvero interessante e illuminante.
In primo luogo perché la Nin non si riduce a mostrarci il suo fantasmagorico universo, ma ci lascia intraprendere contemporaneamente un nostro personale viaggio interiore e non solo, in cui siamo quasi costretti a riflettere su noi stessi e a porci domande talvolta scomode.
Ringrazio Anais per avermi spronato ad ascoltarmi con più attenzione e a dare maggiore spazio al potere immenso dell'immaginazione, lasciandolo crescere senza ostacolarlo.

Concludo consigliandovi assolutamente questo libro, in particolar modo agli amanti del genere letterario del diario e a coloro che vogliono approfondire la figura di Anais Nin.
E nulla, io non vedo l'ora di poter leggere tutti i suoi altri diari!

Caro FANTASMAGORICO LETTORE
se sei giunto fin qui sei il mio eroe del cuore e ti ringrazio!
Inoltre, se il libro recensito ti ha incuriosito e provi una perturbante e insana voglia di leggerlo, puoi agevolmente cliccare QUI.
Sono affiliata ad Amazon, per cui se decidessi di acquistare il libro da questo link io ne ricaverò qualche fanta-monetina che dissiperò amaramente nella compera di altri libri.





 








venerdì 14 maggio 2021

ZISKA LA STREGA DELLE PIRAMIDI di Marie Corelli

L'orario e il chiaro di luna tramavano il loro mistero: il mistero di un'ombra e di una forma che sfiatò come un sottile vapore dai portali dell'antico tempio della morte e, trascinandosi poco in avanti, si definì nella bellezza visionaria di un profilo di donna - una donna i cui capelli scuri ricadevano pesanti come gli scampoli neri delle bende di un cadavere sepolto ormai da tempo; una donna i cui occhi brillarono di un fuoco sacrilego quando alzò il viso alla luna bianca e segnò l'aria con le sue braccia spettrali.
- Marie Corelli, Ziska La strega delle piramidi, 9

TITOLO: Ziska La strega delle piramidi
AUTRICE: Marie Corelli
EDITORE: Castelvecchi
COLLANA: Biblioteca dell'immaginario
TRADUTTORE: Marco Bisanti
SINOSSI: Armand Gervase ha tutto ciò che si può desiderare dalla vita: fama, successo, donne, denaro e, come artista, può senz'altro dirsi realizzato visto che le sue opere sono esposte nelle più importanti gallerie del mondo. Il suo quadro più famoso raffigura un'affascinante donna dell'antico Egitto su uno sfondo ricco di particolari, anche se Gervase non ha nessuna conoscenza della storia del regno dei faraoni: come ha potuto dipingere un simile ritratto? L'artista, prigioniero di una vita lussuriosa e decadente, non sembra porsi il problema. Almeno finché al Cairo non incontra la misteriosa principessa Ziska, una donna di straordinaria bellezza in grado di ammaliare chi l'ascolta con appassionanti storie ambientate nella remota antichità egiziana. Catturato dal fascino di Ziska, Gervase sarà presto costretto a fare i conti con un evento soprannaturale: la principessa è identica alla donna del suo famoso quadro e quella inaspettata visione sembra improvvisamente parlargli di esperienze già vissute. Ciò che appare come inspiegabile, allora, si colorerà di inquietudine profonda in una storia in cui il sapiente intreccio dei temi della seduzione, della reincarnazione e della vendetta spiegano lo straordinario successo di questo romanzo nel periodo vittoriano.

RECENSIONE:
Nessun luogo potrà mai competere con il fascino ipnotico e travolgente dell'Egitto.
Una terra di enigmi e magia, di leggende e miti, di arte e meraviglia; eppure, tutta questa intrigante realtà resta oscura alla calca frenetica di inglesi, letteralmente impazziti per il "viaggio alla moda".
Trascorrere la tradizionale "stagione" londinese in questo luogo misterioso e selvaggio sembra procurare a tutta l'alta società vittoriana il brivido della novità: qualcosa di sensazionale e unico, capace di valicare le strette e tanto detestate convenzioni sociali.

Nella grande hall del Gezireh Palace Hotel un gruppetto di rispettabili britannici è in procinto di prepararsi all'imminente ballo in maschera.
Quella sera, affermano, saranno presenti alla festa alcuni ospiti importanti, tra cui spicca il celebre pittore francese Armand Gervase, il quale si trova al Cairo per condurre alcuni studi sulle donne orientali... o per lo meno, questa è la motivazione ufficiale.
Bisogna sapere, infatti, che Gervase deve gran parte della sua fama alla sua indole passionale e focosa, oltre che alle sue indubbie doti pittoriche. 
In aggiunta, non mancherà la presenza di una donna davvero intrigante: la principessa Ziska.
Tanto acclamata per la sua bellezza conturbante, in realtà delle sue origini si conosce ben poco.
Alcuni ritengono che sia la moglie di un principe russo e che sia estremamente ricca, altri, invece, credono che non vi sia nessun marito e che possieda una sorta di attitudine... soprannaturale.
Quest'ultima congettura è da attribuire al dottor Maxwell Dean, uno studioso a dir poco anticonvenzionale.
Tra i suoi numerosi interessi e studi prettamente "ordinari", infatti, si annoverano materie dal carattere occulto ed esoterico, che ruotano attorno all'indagine di "fenomeni strani".
Per alcune sue teorie viene definito un tipo strambo, pur rimanendo un tipo simpatico e affabile.

Quando finalmente iniziano i festeggiamenti, la principessa Ziska entra in scena, confermando tutte quelle voci sulla sua straordinaria bellezza... una bellezza dai tratti marcatamente egiziani.

Gli occhi di tutti sono rapiti da quella ammaliante presenza, eppure un'inspiegabile presentimento turba l'animo di Armand Gervase.
Il pittore non riesce a spiegarsi la sensazione di conoscere Ziska, di averla già incontrata prima di quel momento. 
Ma dove e quando?
Quello sguardo ferocemente attraente, quel corpo leggiadro, quel particolare tono di voce e quella risata cristallina gli sono terribilmente familiari, e lo riconducono a ricordi vaghi e lontani.
Tuttavia, a sconcertare veramente Gervase è la certezza di aver amato questa donna, e di continuarla ad amare impetuosamente tutt'ora!

Non reclamo il titolo di sovrana. Per stasera sono il quadro vivente di una persona un tempo famosa, una poco di buono che aveva quasi il mio nome, una danzatrice del passato nota come Ziska-Charmazel, la favorita dell'harem di un grande guerriero egiziano che storie dimenticate annoverano come "il possente Arasse".
- Marie Corelli, Ziska La strega delle piramidi, 41

In seguito a questo incontro, bizzarre coincidenze cominciano a susseguirsi senza tregua nel corso della vicenda, culminando in una scoperta sconvolgente. 
È impossibile non rimanere sconcertati dall'impressionante somiglianza che Gervase e Ziska hanno con i soggetti di un antico bassorilievo egiziano: il forte guerriero Arasse e la sua amante Ziska-Charmazel.

Macabre e violente storie del passato si attorcigliano al presente; vendette silenziose e crudeli prendono vita per dare giustizia ad un torto subito; teorie sull'immortalità dell'anima diventano l'unico modo per spiegare l'inspiegabile. 

Per chi studia le cose con intelligenza non c'è tempo né distanza. Sin dal suo primissimo inizio la storia è come una straordinaria catena in cui nessun anello si spezza mai davvero, e in cui ogni parte è in stretta connessione con l'altra, anche se la ragione stessa dell'esistenza di questa catena è un mistero irrisolvibile.
- Marie Corelli, Ziska La strega delle piramidi, 137


Ziska La strega delle piramidi (Ziska. The Problem of a Wiked Soul, 1897) è un romanzo straordinario, e non potrebbe essere altrimenti vista la singolarità della sua artefice: Marie Corelli.

Donna dalla personalità eccentrica e fuori dalle righe, duramente criticata per il suo orientamento sessuale e per le sue scelte di vita, Marie Corelli (nome d'arte di Mary Mackay) fu una delle scrittrici più popolari in epoca vittoriana, che anticipò la fantascienza al femminile. 
Tutta la sua produzione letteraria ebbe un immediato e strabiliante successo, e i suoi libri furono letti e amati persino dalla Regina Vittoria e Oscar Wilde!
Anche lo scrittore Henry Miller fu un suo grande fan, definendo il suo lavoro come "straordinario e accattivante" e parlando della Corelli come un'autrice estremamente sensuale, pur non descrivendo mai rapporti erotici.
Alcune recenti indagini dei cultural studies, inoltre, hanno riconosciuto il valore dei suoi romanzi in quanto importanti testimonianze dei gusti, opinioni, abitudini di lettura e dell'ossessione sessista della classe media inglese in epoca vittoriana.  

L'idea maschile dell'amore è prendere tutto ciò che si può da una donna e in cambio non darle altro che infelicità, a volte - e altre volte, morte.
- Marie Corelli, Ziska La strega delle piramidi, 91

Da grande appassionata di esoterismo e di egittologia quale era, la Corelli non si è lasciata sfuggire l'occasione di dar vita ad un romanzo dall'ambientazione favolosa.
L'Egitto si presta benissimo come palcoscenico di una bizzarra ma quanto mai singolare vicenda.
Un luogo dalle atmosfere esotiche e misteriose, un luogo in cui lo scorrere del tempo non procede secondo una linea retta, sempre avanti in vista di un futuro senza passato, ma si muove circolarmente, come in un continuo e irrefrenabile eterno ritorno.
Il passato non è morto in queste terre, ma continua a vivere nel presente, come un nonno che non smette di raccontare una storia a suo nipote.
E se a ricordarci di un'epoca remota vi sono le monumentali piramidi e la silenziosa sfinge, esiste anche qualcosa di più terrificante e soprannaturale in grado di riportare a galla eventi dimenticati.

Cosa può esserci di più potente del desiderio di vendicare un torto subito, di pareggiare i conti e punire chi non ha mai pagato per il crimine commesso, tanto potente da non perire neppure nella morte? 
La reincarnazione, la trasmigrazione della anime e l'amore eterno incorporeo sono tutti elementi che si intersecano alla storia della principessa Ziska, e grazie al personaggio dell'erudito dottor Dean veniamo a conoscenza di teorie esoteriche affascinanti e inquietanti.

Anime che sono fatte per stare insieme; anime che continuano ad occupare nuovi corpi, in nuove epoche, per incontrarsi ancora e percepire quell'inspiegabile senso di familiarità. 

Chissà chi è stato il detentore dell'anima di Armand Gervase, un'anima così infuocata e passionale tanto da desiderare ardentemente l'amore di Ziska. 
Il loro rapporto estremamente intimo e intriso di sensualità ci trasmette un senso di languore e struggimento. 
Il tormento accompagna costantemente Gervase, e come una marionetta si lascia manovrare dal potere insidioso della principessa. 

Benché la crudeltà di Ziska possa farla apparire come un personaggio spietato e senza pietà, c'è una spiegazione alle torture inflitte al suo amante: la rabbia di un cuore tradito e infranto. 

Perché, di solito, gli uomini non capiscono l'amore. Capiscono il desiderio, talvolta pari alla spietata cupidigia per ciò che riescono ad ottenere. Ma l'amore, l'amore che resiste lealmente e in silenzio al logoramento del dolore e al passaggio degli anni, l'amore che sacrifica tutto all'amato senza mai cambiare o vacillare, è una passione divina che mai o quasi mai santifica ed ispira la vita di un uomo. 
- Marie Corelli, Ziska La strega delle piramidi, 202

Libera di esprimere se stessa e i suoi sentimenti, il personaggio straordinario di Ziska impersona la donna che non si sottomette alle costrizioni imposte da una società perbenista e maschilista come quella vittoriana. 
Proprio attraverso questo personaggio viene espressa un'aspra critica alla mondo moderno. 

Non posso che concludere consigliandovi questo romanzo sovrannaturale, coinvolgente e intrigante, che saprà trasportarvi in un universo leggendario e affascinante. 


















martedì 4 maggio 2021

LE MONTAGNE DELLA FOLLIA di H.P. Lovecraft

Certe cose, ne convenimmo, era meglio non raccontarle alla gente, ed io non avrei mai parlato di tutto questo, se non fosse  stato per l'esigenza di fermare la spedizione Starkweather-Moore, o qualsiasi altra, a tutti i costi. E' assolutamente necessario, per la pace e la salvezza dell'umanità, che quegli angoli oscuri e morti della terra e quelle profondità inesplorate vengano lasciate tranquille. Questo per evitare che quelle anormalità dormienti si risveglino a nuova vita, e che incubi blasfemi, ancora oggi sopravvissuti si contorcano e striscino fuori dalle loro tane nere verso conquiste nuove e più vaste.
- H.P. Lovecraft, Le montagne della follia, 154
TITOLO: Le montagne della follia
AUTORE: Howard Phillips Lovecraft
EDITORE: RBA Italia
COLLANA: I primi maestri del fantastico
TRADUTTORE: Gianni Pilo, Sebastiano Fusco

RECENSIONE:
Cosa può spingere un uomo a rivelare un terribile segreto, una storia che, se non fosse per la sua accurata e realistica ricostruzione, parrebbe il delirio di un folle?
Il narratore stesso scrive che il suo racconto è un autentico avvertimento; infatti, l'unico modo per distogliere altri imperterriti studiosi dal tentativo di esplorare le fredde terre dell'Antartide è quello di mettere nero su bianco la terribile vicenda che ha vissuto.

1930. La nostra voce narrante, un geologo della Miskatonic University, è alla guida di un'ambiziosa spedizione nel continente antartico.
Il loro scopo principale è quello di riportare alla luce quanto più materiale fossile possibile, per poterlo successivamente studiare e analizzare.
Un ritrovamento inconsueto, però, lascia interdetti alcuni studiosi: un'impronta dalle dimensioni e forme sconosciute.
Tuttavia, la vera peculiarità di questa scoperta risiede in una strana contraddizione tra l'età primitiva della roccia che racchiude l'orma e l'elevato grado evolutivo dell'organismo a cui appartiene.
Un'incongruenza che accende la curiosità di tutti e spinge una parte di studiosi a spostarsi più in là con le ricerche, avvicinandosi maggiormente alle imponenti Montagne della Follia.

Non potevo fare a meno di pensare che quelle cime fossero perverse, vere montagne della follia, il cui opposto versante si affacciava di fronte all'ultimo abisso maledetto. Lo sfondo nuvoloso in fermento e quasi luminoso insinuava l'ineffabile immagine di un altrove incerto e quasi etereo molto più vicino al vuoto cosmico che alla terra, e forniva un ammonimento spaventoso alla distanza assoluta, dell'isolamento, della desolazione e della morte eterna di quel mondo australe smisurato e solitario.
- H.P. Lovecraft, Le montagne della follia, 47

Definire sensazionali le scoperte fatte in quei luoghi sinistri e solitari è davvero riduttivo: singolari e inquietanti esemplari alieni vengono rinvenuti nel ghiaccio.
Un nuovo capitolo della storia sta per essere riscritto,  ma un destino crudele è pronto ad attenderli.

Tutti i membri della squadra nei pressi delle Montagne della Follia vengono ritrovati morti, e, cosa ancor più spaventosa, gli inusuali ritrovamenti sono scomparsi nel nulla. 
Chi o cosa li abbia brutalmente uccisi nessuno lo sa, o meglio... nessuno osa immaginarlo.
Le uniche persone che verranno a conoscenza della verità dietro il raccapricciante massacro sono lo stesso geologo e il pilota Danforth. 
Una verità pagata a caro prezzo...

Bisogna stare attenti alla propria immaginazione, all'ombra di quelle montagne della follia.
- H.P. Lovecraft, Le montagne della follia, 154

Con questo romanzo Lovecraft ci catapulta nel suo immenso, straordinario e terrificante universo.

Ci troviamo nel bel mezzo dell'Antartide, nella desolazione più totale. 
Tutto è ghiaccio e roccia, e nulla di umano (ad esclusione degli studiosi) cammina tra queste terre.
Un senso di inquietudine e oppressione si muove con noi durante tutta la narrazione, inevitabilmente generato dalla costante tensione alla prospettiva di scoprire quale oscuro segreto tormenta il povero geologo.

Lo stile di Lovecraft è estremamente descrittivo: ogni minimo dettaglio, anche il più insignificante, viene tratteggiato con minuziosa attenzione; non a caso, la sensazione che si ha leggendo questo macabro resoconto è quella di essere stato effettivamente scritto da un reale geologo, richiamando il modo di esprimersi, schematico e minuzioso, di uno studioso.
Questa particolare caratteristica tende a rallentare il ritmo della narrazione, e, nel mio caso, ad aumentare l'ansia  e la voglia di scoprire cosa si nasconde dietro le morti degli esploratori.

Leggendo questo libro si ha la percezione di discendere nelle profondità della terra, sondando i segreti di civiltà aliene (citate immancabilmente nel mitico Necronomicon) che hanno lasciato la loro enorme testimonianza su spaventose e misteriose sculture.
Allo stesso tempo, in questa discesa siamo costantemente accompagnati da un senso crescente di smarrimento e terrore: una paura sottile, che si insidia silenziosa nelle profondità dal nostro animo,  turbandoci inspiegabilmente.

Una lettura splendida, e se anche voi amate i romanzi in cui terrore si costruisce passo dopo passo, ad un ritmo non sempre lesto, non potete farvi mancare questo libro.




   



MOONACRE. I SEGRETI DELL'ULTIMA LUNA | Il cavallino Bianco di Elisabeth Goudge

Per te nessun passato, cavallino, né rimpianto, né futuro da temere nella foresta d'argento... Sotto la luna, solo il presente ti aspett...