mercoledì 9 giugno 2021

HENRY & JUNE di Anais Nin

Mi siedo davanti a una lettera o a un mio diario con il desiderio di onestà, ma forse alla fine sono la più gran bugiarda di tutti, più bugiarda di June, più bugiarda di Albertine, per via della mia apparenza di sincerità.
- Anais Nin, Henry & June, 49

TITOLO: Henry & June
AUTRICE: Anais Nin
EDITORE: Bompiani
COLLANA: Tascabili Bompiani
SINOSSI: Tratto dal diario non censurato di Anaïs Nin, questo ritratto autobiografico copre il periodo trascorso dall'autrice a Parigi tra il 1931 e il 1932. A quell'epoca risale l'incontro con Henry Miller e sua moglie June: un incontro che segnerà una svolta importantissima nell'evoluzione sentimentale e letteraria della scrittrice. Attratta dal fascino geniale di Miller e turbata dalla fisicità di June, la giovane Anaïs Nin inizia una sorta di educazione erotico-sentimentale che la condurrà alla completa maturazione emotiva e personale. Da questo gioco a tre, sotto la magistrale ''regia'' di Miller, sullo sfondo della Parigi negli anni trenta, si sviluppa un libro dai risvolti morbosiche completa l'immagine provocatoria di una scrittrice ormai consacrata tra i nomi più illustri della letteratura contemporanea. Titolo originale: ''Henry and June'' (1986).

RECENSIONE:
Dopo aver conosciuto una fantasmagorica Anais Nin romanziera, attraverso la sua opera surrealista La casa dell'incesto, mi sono lasciata incantare da una Anais Nin diversa, più intima e confidenziale... l'Anais Nin scrittrice di diari.

Questi quaderni, apparentemente così ordinari, assumono un ruolo fondamentale e imprescindibile nella vita dell'autrice, tanto da considerarli come una vera e propria dipendenza che ha continuato ad alimentare fino alla sua morte, avvenuta nel 1977.

Il diario nelle mani della Nin si trasforma in uno strumento intermediario tra il suo inconscio e la sua razionalità.
La scrittura diventa un mezzo atto a esternare e indagare tutto quello che si contorce dentro di lei: flussi di pensieri, immagini, sentimenti, sofferenza... 
Essenzialmente, tutto il suo mondo tumultuoso e affascinante è racchiuso in queste pagine sacre.

Nelle mani di un individuo ordinario il diario può essere considerato come un semplice rifugio, una fuga dalla realtà, come l'ennesimo stagno di Narciso, ma  Anais si rifiuta di lasciarlo affondare in questo modello...
- Anais Nin, Henry & June, 258

L'autrice conduce senza paura un'esplorazione estremamente profonda di se stessa e delle persone che la circondano, sviscerando fino in fondo l'intensità delle proprie passioni e della propria sessualità. 

Grazie alle sue parole, scopriamo alcuni aspetti interessanti del suo modo di amare: da una parte incontriamo sentimenti genuini, quasi materni, nei confronti del marito Hugo, il suo porto sicuro; dall'altra, invece, ci imbattiamo nei suoi desideri più carnali, quelli rivolti a chi desta in lei le emozioni più forti e incontrollabili.

Per questa sua duplicità, la Nin decide di scrivere due diari parallelamente: uno che potremmo definire ufficiale e un altro segreto.
A differenza della prima tipologia, che conosceva e leggeva anche Hugo, la seconda possedeva un carattere più intimo, in quanto riportava riflessioni sulla propria sessualità e contenuti dettagliati ed espliciti riguardo le sue relazioni extraconiugali e incestuose.
 
In quest'ultima categoria di quaderno "censurato" appartiene il diario rosso (quello che Bompiani inserisce in Henry & June).
Non è un caso che il titolo citi proprio due delle personalità protagoniste di queste pagine, le quali sconvolgeranno completamente l'intera vita di Anais Nin.

Siamo nella Parigi del 1931.
I coniugi Miller appaiono subito come una coppia molto enigmatica, difficile da inquadrare, ma, allo stesso tempo, intrigante.
Nella loro fama controversa c'è qualcosa che cattura l'attenzione di Anais, spingendola ad approfondire questa nuova conoscenza.

Vive nel riflesso di sé negli occhi degli altri. Non osa essere se stessa. Non c'è nessuna June Mansfield.
- Anais Nin, Henry & June, 22

Fin da subito le è chiaro che il suo rapporto con June oltrepassa i sentimenti di una semplice amicizia.
Quello che nasce è un amore alimentato dalle innumerevoli bugie di June, che intesse attorno alla sua persona fatta di tanta apparenza.
Anais non sa mai fino in fondo chi sia questa donna, nonostante riesca a scorgere dietro il suo aspetto da femme fatale una persona fragile e dipendente.
Quello che la Nin scopre di June Mansfield è un qualcosa che neppure suo marito Henry ha mai provato a immaginare, fisso in una concezione sbagliata di lei.

Invece, chi è Henry Miller?
Uno scrittore squattrinato che riversa nelle sue opere la parte più cinica, feroce e realista della sua personalità... quella che non risparmia nessun genere di critica.
Eppure, questo Henry analista è lo stesso uomo che non è riuscito a rimanere immune al fascino seducente di Anais Nin, una donna con la quale adora sia discutere di letteratura e scrittura che amare appassionatamente nella camera del suo appartamento a Clichy.
Ed è la stessa donna che possiede le capacità di farlo sentire smarrito nell'universo delle sue certezze, distruggendo quella corazza di durezza e rabbia che lo protegge dal mondo.

Se inizialmente la loro poteva essere considerata una semplice attrazione carnale, alla fine cogliamo una profonda evoluzione che li conduce verso un amore intenso e viscerale.
Insieme le loro personalità si completano, ed è come se due mondi, uno più razionale e l'altro più sentimentale, si unissero per dar vita a una relazione unica.

Anais inserisce tra le pagine del suo diario alcuni estratti delle lettere che Henry le scriveva quotidianamente, rendendo ancora più coinvolgente la lettura.
Da queste parole possiamo scorgere un uomo completamente innamorato, posto quasi in atteggiamento di divinazione verso questa donna talmente unica da sembrargli irreale.
Il sentimento di ammirazione, inoltre, si rivolge anche alle grandi abilità della Nin di creare uno stile di scrittura innegabilmente singolare.

... Soprattutto è la lingua della modernità, la lingua dei nervi, delle repressioni, di pensieri larvati, di processi inconsci, di immagini non completamente staccate dal loro contenuto onirico; è la lingua del nevrotico, del pervertito, "marmorizzata e venata di verde ramè", come dice Gautier, riferendosi allo stile della decadenza...
Quando cerco di capire a chi devi questo stile, rimango frustrato. Non mi viene in mente nessuno a cui assomigli anche minimamente. Mi ricordi soltanto te stessa...
- Anais Nin, Henry & June, 260

Concordo pienamente con quanto scritto da Miller.
Lo stile di scrittura della Nin  è elegante, sinuoso e surrealista.
Si alternano periodi molto lunghi e articolati, che sembrano rallentare il tempo e lasciare l'azione sospesa, a frasi brevi e spezzate, che creano un ritmo frenetico e ansiogeno.
Questo andamento contrastante e ambiguo riesce a sedurre, stupire e turbare.
Quando crediamo di essere sprofondati nelle contorte, e delle volte contraddittorie, riflessioni della Nin, ecco che qualcosa esplode, cambiando repentinamente la velocità della narrazione.

Anais Nin riflette nelle sue parole il suo amore per la sperimentazione, una particolare audacia che la contraddistingue sia nella sua arte che nella sua vita.
Non tutti, infatti, hanno il coraggio di chiudere gli occhi e vedere se stessi senza maschere.
L'autrice fa uso di uno strumento, il più delle volte sottovalutato, per indagare i meandri del proprio essere: l'immaginazione.
Essa è un qualcosa di così personale che inevitabilmente ci mostra parte di noi. 
Il difficile, però, è saper tradurre questo linguaggio estremamente personale in quello della ragione, sfida che la Nin ha accettato senza esitazioni.

All'interno del libro non possiamo fare a meno di addentrarci sempre di più nella vita interiore della scrittrice, scoprendo ferite che ancora tentano di rimarginarsi.
Anais vuole amare, ma, soprattutto, vuole essere amata
Il motivo per cui si circonda di innumerevoli relazioni amorose è proprio quello di placare il dolore di un vuoto che si porta dentro da quando era bambina: l'assenza di un padre che le ha lasciato solo un ricordo terribile.

Anais sfrutta il suo aspetto peculiare per incuriosire e ammaliare, mascherando quel fisico minuto da eterna bambina sotto un abbigliamento eccentrico e fuori moda, che le conferisce un tocco esotico e magico difficile da ignorare.

Interessante e magnifica è la sua evoluzione nel corso del diario, un'evoluzione che ha preso un evidente avvio dopo la conoscenza di June e Henry, per poi spostarsi sul campo della psicoanalisi.

Personalmente ho trovato questo libro davvero interessante e illuminante.
In primo luogo perché la Nin non si riduce a mostrarci il suo fantasmagorico universo, ma ci lascia intraprendere contemporaneamente un nostro personale viaggio interiore e non solo, in cui siamo quasi costretti a riflettere su noi stessi e a porci domande talvolta scomode.
Ringrazio Anais per avermi spronato ad ascoltarmi con più attenzione e a dare maggiore spazio al potere immenso dell'immaginazione, lasciandolo crescere senza ostacolarlo.

Concludo consigliandovi assolutamente questo libro, in particolar modo agli amanti del genere letterario del diario e a coloro che vogliono approfondire la figura di Anais Nin.
E nulla, io non vedo l'ora di poter leggere tutti i suoi altri diari!

Caro FANTASMAGORICO LETTORE
se sei giunto fin qui sei il mio eroe del cuore e ti ringrazio!
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venerdì 14 maggio 2021

ZISKA LA STREGA DELLE PIRAMIDI di Marie Corelli

L'orario e il chiaro di luna tramavano il loro mistero: il mistero di un'ombra e di una forma che sfiatò come un sottile vapore dai portali dell'antico tempio della morte e, trascinandosi poco in avanti, si definì nella bellezza visionaria di un profilo di donna - una donna i cui capelli scuri ricadevano pesanti come gli scampoli neri delle bende di un cadavere sepolto ormai da tempo; una donna i cui occhi brillarono di un fuoco sacrilego quando alzò il viso alla luna bianca e segnò l'aria con le sue braccia spettrali.
- Marie Corelli, Ziska La strega delle piramidi, 9

TITOLO: Ziska La strega delle piramidi
AUTRICE: Marie Corelli
EDITORE: Castelvecchi
COLLANA: Biblioteca dell'immaginario
TRADUTTORE: Marco Bisanti
SINOSSI: Armand Gervase ha tutto ciò che si può desiderare dalla vita: fama, successo, donne, denaro e, come artista, può senz'altro dirsi realizzato visto che le sue opere sono esposte nelle più importanti gallerie del mondo. Il suo quadro più famoso raffigura un'affascinante donna dell'antico Egitto su uno sfondo ricco di particolari, anche se Gervase non ha nessuna conoscenza della storia del regno dei faraoni: come ha potuto dipingere un simile ritratto? L'artista, prigioniero di una vita lussuriosa e decadente, non sembra porsi il problema. Almeno finché al Cairo non incontra la misteriosa principessa Ziska, una donna di straordinaria bellezza in grado di ammaliare chi l'ascolta con appassionanti storie ambientate nella remota antichità egiziana. Catturato dal fascino di Ziska, Gervase sarà presto costretto a fare i conti con un evento soprannaturale: la principessa è identica alla donna del suo famoso quadro e quella inaspettata visione sembra improvvisamente parlargli di esperienze già vissute. Ciò che appare come inspiegabile, allora, si colorerà di inquietudine profonda in una storia in cui il sapiente intreccio dei temi della seduzione, della reincarnazione e della vendetta spiegano lo straordinario successo di questo romanzo nel periodo vittoriano.

RECENSIONE:
Nessun luogo potrà mai competere con il fascino ipnotico e travolgente dell'Egitto.
Una terra di enigmi e magia, di leggende e miti, di arte e meraviglia; eppure, tutta questa intrigante realtà resta oscura alla calca frenetica di inglesi, letteralmente impazziti per il "viaggio alla moda".
Trascorrere la tradizionale "stagione" londinese in questo luogo misterioso e selvaggio sembra procurare a tutta l'alta società vittoriana il brivido della novità: qualcosa di sensazionale e unico, capace di valicare le strette e tanto detestate convenzioni sociali.

Nella grande hall del Gezireh Palace Hotel un gruppetto di rispettabili britannici è in procinto di prepararsi all'imminente ballo in maschera.
Quella sera, affermano, saranno presenti alla festa alcuni ospiti importanti, tra cui spicca il celebre pittore francese Armand Gervase, il quale si trova al Cairo per condurre alcuni studi sulle donne orientali... o per lo meno, questa è la motivazione ufficiale.
Bisogna sapere, infatti, che Gervase deve gran parte della sua fama alla sua indole passionale e focosa, oltre che alle sue indubbie doti pittoriche. 
In aggiunta, non mancherà la presenza di una donna davvero intrigante: la principessa Ziska.
Tanto acclamata per la sua bellezza conturbante, in realtà delle sue origini si conosce ben poco.
Alcuni ritengono che sia la moglie di un principe russo e che sia estremamente ricca, altri, invece, credono che non vi sia nessun marito e che possieda una sorta di attitudine... soprannaturale.
Quest'ultima congettura è da attribuire al dottor Maxwell Dean, uno studioso a dir poco anticonvenzionale.
Tra i suoi numerosi interessi e studi prettamente "ordinari", infatti, si annoverano materie dal carattere occulto ed esoterico, che ruotano attorno all'indagine di "fenomeni strani".
Per alcune sue teorie viene definito un tipo strambo, pur rimanendo un tipo simpatico e affabile.

Quando finalmente iniziano i festeggiamenti, la principessa Ziska entra in scena, confermando tutte quelle voci sulla sua straordinaria bellezza... una bellezza dai tratti marcatamente egiziani.

Gli occhi di tutti sono rapiti da quella ammaliante presenza, eppure un'inspiegabile presentimento turba l'animo di Armand Gervase.
Il pittore non riesce a spiegarsi la sensazione di conoscere Ziska, di averla già incontrata prima di quel momento. 
Ma dove e quando?
Quello sguardo ferocemente attraente, quel corpo leggiadro, quel particolare tono di voce e quella risata cristallina gli sono terribilmente familiari, e lo riconducono a ricordi vaghi e lontani.
Tuttavia, a sconcertare veramente Gervase è la certezza di aver amato questa donna, e di continuarla ad amare impetuosamente tutt'ora!

Non reclamo il titolo di sovrana. Per stasera sono il quadro vivente di una persona un tempo famosa, una poco di buono che aveva quasi il mio nome, una danzatrice del passato nota come Ziska-Charmazel, la favorita dell'harem di un grande guerriero egiziano che storie dimenticate annoverano come "il possente Arasse".
- Marie Corelli, Ziska La strega delle piramidi, 41

In seguito a questo incontro, bizzarre coincidenze cominciano a susseguirsi senza tregua nel corso della vicenda, culminando in una scoperta sconvolgente. 
È impossibile non rimanere sconcertati dall'impressionante somiglianza che Gervase e Ziska hanno con i soggetti di un antico bassorilievo egiziano: il forte guerriero Arasse e la sua amante Ziska-Charmazel.

Macabre e violente storie del passato si attorcigliano al presente; vendette silenziose e crudeli prendono vita per dare giustizia ad un torto subito; teorie sull'immortalità dell'anima diventano l'unico modo per spiegare l'inspiegabile. 

Per chi studia le cose con intelligenza non c'è tempo né distanza. Sin dal suo primissimo inizio la storia è come una straordinaria catena in cui nessun anello si spezza mai davvero, e in cui ogni parte è in stretta connessione con l'altra, anche se la ragione stessa dell'esistenza di questa catena è un mistero irrisolvibile.
- Marie Corelli, Ziska La strega delle piramidi, 137


Ziska La strega delle piramidi (Ziska. The Problem of a Wiked Soul, 1897) è un romanzo straordinario, e non potrebbe essere altrimenti vista la singolarità della sua artefice: Marie Corelli.

Donna dalla personalità eccentrica e fuori dalle righe, duramente criticata per il suo orientamento sessuale e per le sue scelte di vita, Marie Corelli (nome d'arte di Mary Mackay) fu una delle scrittrici più popolari in epoca vittoriana, che anticipò la fantascienza al femminile. 
Tutta la sua produzione letteraria ebbe un immediato e strabiliante successo, e i suoi libri furono letti e amati persino dalla Regina Vittoria e Oscar Wilde!
Anche lo scrittore Henry Miller fu un suo grande fan, definendo il suo lavoro come "straordinario e accattivante" e parlando della Corelli come un'autrice estremamente sensuale, pur non descrivendo mai rapporti erotici.
Alcune recenti indagini dei cultural studies, inoltre, hanno riconosciuto il valore dei suoi romanzi in quanto importanti testimonianze dei gusti, opinioni, abitudini di lettura e dell'ossessione sessista della classe media inglese in epoca vittoriana.  

L'idea maschile dell'amore è prendere tutto ciò che si può da una donna e in cambio non darle altro che infelicità, a volte - e altre volte, morte.
- Marie Corelli, Ziska La strega delle piramidi, 91

Da grande appassionata di esoterismo e di egittologia quale era, la Corelli non si è lasciata sfuggire l'occasione di dar vita ad un romanzo dall'ambientazione favolosa.
L'Egitto si presta benissimo come palcoscenico di una bizzarra ma quanto mai singolare vicenda.
Un luogo dalle atmosfere esotiche e misteriose, un luogo in cui lo scorrere del tempo non procede secondo una linea retta, sempre avanti in vista di un futuro senza passato, ma si muove circolarmente, come in un continuo e irrefrenabile eterno ritorno.
Il passato non è morto in queste terre, ma continua a vivere nel presente, come un nonno che non smette di raccontare una storia a suo nipote.
E se a ricordarci di un'epoca remota vi sono le monumentali piramidi e la silenziosa sfinge, esiste anche qualcosa di più terrificante e soprannaturale in grado di riportare a galla eventi dimenticati.

Cosa può esserci di più potente del desiderio di vendicare un torto subito, di pareggiare i conti e punire chi non ha mai pagato per il crimine commesso, tanto potente da non perire neppure nella morte? 
La reincarnazione, la trasmigrazione della anime e l'amore eterno incorporeo sono tutti elementi che si intersecano alla storia della principessa Ziska, e grazie al personaggio dell'erudito dottor Dean veniamo a conoscenza di teorie esoteriche affascinanti e inquietanti.

Anime che sono fatte per stare insieme; anime che continuano ad occupare nuovi corpi, in nuove epoche, per incontrarsi ancora e percepire quell'inspiegabile senso di familiarità. 

Chissà chi è stato il detentore dell'anima di Armand Gervase, un'anima così infuocata e passionale tanto da desiderare ardentemente l'amore di Ziska. 
Il loro rapporto estremamente intimo e intriso di sensualità ci trasmette un senso di languore e struggimento. 
Il tormento accompagna costantemente Gervase, e come una marionetta si lascia manovrare dal potere insidioso della principessa. 

Benché la crudeltà di Ziska possa farla apparire come un personaggio spietato e senza pietà, c'è una spiegazione alle torture inflitte al suo amante: la rabbia di un cuore tradito e infranto. 

Perché, di solito, gli uomini non capiscono l'amore. Capiscono il desiderio, talvolta pari alla spietata cupidigia per ciò che riescono ad ottenere. Ma l'amore, l'amore che resiste lealmente e in silenzio al logoramento del dolore e al passaggio degli anni, l'amore che sacrifica tutto all'amato senza mai cambiare o vacillare, è una passione divina che mai o quasi mai santifica ed ispira la vita di un uomo. 
- Marie Corelli, Ziska La strega delle piramidi, 202

Libera di esprimere se stessa e i suoi sentimenti, il personaggio straordinario di Ziska impersona la donna che non si sottomette alle costrizioni imposte da una società perbenista e maschilista come quella vittoriana. 
Proprio attraverso questo personaggio viene espressa un'aspra critica alla mondo moderno. 

Non posso che concludere consigliandovi questo romanzo sovrannaturale, coinvolgente e intrigante, che saprà trasportarvi in un universo leggendario e affascinante. 


















martedì 4 maggio 2021

LE MONTAGNE DELLA FOLLIA di H.P. Lovecraft

Certe cose, ne convenimmo, era meglio non raccontarle alla gente, ed io non avrei mai parlato di tutto questo, se non fosse  stato per l'esigenza di fermare la spedizione Starkweather-Moore, o qualsiasi altra, a tutti i costi. E' assolutamente necessario, per la pace e la salvezza dell'umanità, che quegli angoli oscuri e morti della terra e quelle profondità inesplorate vengano lasciate tranquille. Questo per evitare che quelle anormalità dormienti si risveglino a nuova vita, e che incubi blasfemi, ancora oggi sopravvissuti si contorcano e striscino fuori dalle loro tane nere verso conquiste nuove e più vaste.
- H.P. Lovecraft, Le montagne della follia, 154
TITOLO: Le montagne della follia
AUTORE: Howard Phillips Lovecraft
EDITORE: RBA Italia
COLLANA: I primi maestri del fantastico
TRADUTTORE: Gianni Pilo, Sebastiano Fusco

RECENSIONE:
Cosa può spingere un uomo a rivelare un terribile segreto, una storia che, se non fosse per la sua accurata e realistica ricostruzione, parrebbe il delirio di un folle?
Il narratore stesso scrive che il suo racconto è un autentico avvertimento; infatti, l'unico modo per distogliere altri imperterriti studiosi dal tentativo di esplorare le fredde terre dell'Antartide è quello di mettere nero su bianco la terribile vicenda che ha vissuto.

1930. La nostra voce narrante, un geologo della Miskatonic University, è alla guida di un'ambiziosa spedizione nel continente antartico.
Il loro scopo principale è quello di riportare alla luce quanto più materiale fossile possibile, per poterlo successivamente studiare e analizzare.
Un ritrovamento inconsueto, però, lascia interdetti alcuni studiosi: un'impronta dalle dimensioni e forme sconosciute.
Tuttavia, la vera peculiarità di questa scoperta risiede in una strana contraddizione tra l'età primitiva della roccia che racchiude l'orma e l'elevato grado evolutivo dell'organismo a cui appartiene.
Un'incongruenza che accende la curiosità di tutti e spinge una parte di studiosi a spostarsi più in là con le ricerche, avvicinandosi maggiormente alle imponenti Montagne della Follia.

Non potevo fare a meno di pensare che quelle cime fossero perverse, vere montagne della follia, il cui opposto versante si affacciava di fronte all'ultimo abisso maledetto. Lo sfondo nuvoloso in fermento e quasi luminoso insinuava l'ineffabile immagine di un altrove incerto e quasi etereo molto più vicino al vuoto cosmico che alla terra, e forniva un ammonimento spaventoso alla distanza assoluta, dell'isolamento, della desolazione e della morte eterna di quel mondo australe smisurato e solitario.
- H.P. Lovecraft, Le montagne della follia, 47

Definire sensazionali le scoperte fatte in quei luoghi sinistri e solitari è davvero riduttivo: singolari e inquietanti esemplari alieni vengono rinvenuti nel ghiaccio.
Un nuovo capitolo della storia sta per essere riscritto,  ma un destino crudele è pronto ad attenderli.

Tutti i membri della squadra nei pressi delle Montagne della Follia vengono ritrovati morti, e, cosa ancor più spaventosa, gli inusuali ritrovamenti sono scomparsi nel nulla. 
Chi o cosa li abbia brutalmente uccisi nessuno lo sa, o meglio... nessuno osa immaginarlo.
Le uniche persone che verranno a conoscenza della verità dietro il raccapricciante massacro sono lo stesso geologo e il pilota Danforth. 
Una verità pagata a caro prezzo...

Bisogna stare attenti alla propria immaginazione, all'ombra di quelle montagne della follia.
- H.P. Lovecraft, Le montagne della follia, 154

Con questo romanzo Lovecraft ci catapulta nel suo immenso, straordinario e terrificante universo.

Ci troviamo nel bel mezzo dell'Antartide, nella desolazione più totale. 
Tutto è ghiaccio e roccia, e nulla di umano (ad esclusione degli studiosi) cammina tra queste terre.
Un senso di inquietudine e oppressione si muove con noi durante tutta la narrazione, inevitabilmente generato dalla costante tensione alla prospettiva di scoprire quale oscuro segreto tormenta il povero geologo.

Lo stile di Lovecraft è estremamente descrittivo: ogni minimo dettaglio, anche il più insignificante, viene tratteggiato con minuziosa attenzione; non a caso, la sensazione che si ha leggendo questo macabro resoconto è quella di essere stato effettivamente scritto da un reale geologo, richiamando il modo di esprimersi, schematico e minuzioso, di uno studioso.
Questa particolare caratteristica tende a rallentare il ritmo della narrazione, e, nel mio caso, ad aumentare l'ansia  e la voglia di scoprire cosa si nasconde dietro le morti degli esploratori.

Leggendo questo libro si ha la percezione di discendere nelle profondità della terra, sondando i segreti di civiltà aliene (citate immancabilmente nel mitico Necronomicon) che hanno lasciato la loro enorme testimonianza su spaventose e misteriose sculture.
Allo stesso tempo, in questa discesa siamo costantemente accompagnati da un senso crescente di smarrimento e terrore: una paura sottile, che si insidia silenziosa nelle profondità dal nostro animo,  turbandoci inspiegabilmente.

Una lettura splendida, e se anche voi amate i romanzi in cui terrore si costruisce passo dopo passo, ad un ritmo non sempre lesto, non potete farvi mancare questo libro.




   



mercoledì 28 aprile 2021

IL CIMITERO DEI VIVI di Poppy Z. Brite

Morire: il sussulto finale di dolore e dissoluzione nel nulla che è il prezzo che paghiamo per ogni cosa. Non potrebbe essere l'emozione più dolce, l'unica salvezza che ci spetta...
- Poppy Z. Brite, Il cimitero dei vivi, La sua bocca saprà di assenzio, 134
TITOLO: Il cimitero dei vivi
AUTRICE: Poppy Z. Brite
GENERE: Splutterpunk
EDITORE: Independent Legions Publishing
TRADUTTORE: Francesca Noto e Alessandro Manzetti
SINOSSI: Dalla Regina dello Splatterpunk, una selezione dei suoi racconti più celebri, molti dei quali tradotti in Italiano per la prima volta: La Palude delle Lanterne (Lantern Marsh, 2000); La Sesta Sentinella (The Sixth Sentinel, 1992); Calcutta, Signora delle Impudenze (Calcutta Lord of Nerves, 1992); Mussolini e il Jazz dell’Uomo con l’Ascia (Mussolini and the Axeman’s Jazz, 1995); La sua bocca saprà di assenzio (His Mouth Will Taste of Wormwood, 1990); Il Cuore di New Orleans (The Heart of New Orleans, 2002); Risvegli (Self-Made Man, 1996).Tra spettri, fantasmi, voodoo, cannibali, creature, cimiteri e cadaveri, amanti e musei di morte che animano la sua dark New Orleans spesso protagonista, scenario e madre delle storie, l'autrice, vero e proprio cult del genere, canta il suo innovativo, malinconico, brutale e poetico horror dal sapore di assenzio, dipingendolo con decadente e magnetico splendore.

RECENSIONE:
Difficilmente rimango in disparte quando un libro chiama in causa la fantasmagorica New Orleans (e come ben sapete ho una piccola ossessione per questa città).
Di conseguenza non ho potuto assolutamente rinunciare alla lettura de Il cimitero dei vivi di Poppy Z. Brite: una raccolta di sette racconti (la maggior parte inediti in Italia) dal sapore macabro e orrorifico, che mescolano elementi del genere Southern Gothic a quelli dello Splatter più estremo.

Nonostante il carattere eterogeneo delle storie - diverse tra loro per scenari, tematiche e atmosfere - è percepibile un evidente fil rouge che le lega indissolubilmente, suggeritoci direttamente dal titolo della raccolta.  
In questo volume, infatti, la vita e la morte si intersecano, sovrapponendosi e scambiandosi di significato. 
Il netto confine che le separa svanisce, lasciando il posto a una nuova concezione delle due.
I vivi che affollano il romanzo vagano nel mondo senza uno scopo preciso, senza meta, proprio come se fossero dei corpi senz'anima; al contrario, sono proprio i morti (spettri, fantasmi, entità non specificate) che si riappropriano di una ragione di esistere.
Un altro aspetto che ricorre in tutti i racconti è la straordinaria fusione tra elementi soprannaturali e fantastici ad aspetti estremamente quotidiani e nella norma.
Il terzo e ultimo punto di contatto, presente nella maggior parte delle novelle, è l'ambientazione: New Orleans
Una città singolare, eccentrica, folle... dal fascino misterioso e decadente. 
Un luogo che riesce a vestire contemporaneamente i colori più festosi e sgargianti del Mardì Gras e le tinte più tetre e occulte legate alle tradizioni voodoo e alla radicata criminalità. 
Come se non bastasse, a invadere costantemente le sue strade è una soave melodia, un motivo che unisce il sound caldo delle brass band agli inspiegabili e suggestivi suoni delle paludi.

Ma addentriamoci ora nel cuore dei racconti.
 
Rosalie era giunta a New Orleans perché era il posto più a sud dove era riuscita ad arrivare, o almeno, così diceva lei. Stava scappando da un amante a cui si riferiva con indifferenza, soltanto con il nome di Joe Coffespoon. Il ricordo di lui la faceva rabbrividire molto più delle mie dita ectoplasmatiche, e allora cercava il bacio umido delle notti tropicali.
- Poppy Z. Brite, Il cimitero dei vivi, La sesta sentinella, 7

La sesta sentinella (The Sixth Sentinel, 1992) narra la bizzarra vicenda di Rosalie "Sfortunata" Smith, che giunge a New Orleans per dimenticare un passato fosco e doloroso.
Non sa, però, che il suo nuovo appartamento, uno degli edifici più vecchi del Quartiere Francese, e già occupato da un altro inquilino... un fantasma!
Nonostante questo, tra la ragazza e Jean (l'entità ectoplasmatica) si instaura una pacifica convivenza.
Questo finché una strana idea non prende il sopravvento nella fantasia del fantasma.
Spinto da un opprimente senso di solitudine e dal ricordo di antichi tesori nascosti, Jean comincia ad intessere un piano contorto per raggiungere il suo macabro scopo.
Un racconto malinconico e nostalgico, una storia di fantasmi e di magia nera, che, grazie a un colpo di scena finale inaspettato, è stato capace di lasciarmi senza parole.

Di giorno, la palude era un luogo di macchie marezzate di luce, cipressi e querce coperti di mucchio spagnolo, punte marroni e vellutate di tifa che scoppiavano in nuvole bianche come neve se le si schiacciava contro la nuca di un amico, e leggende di sabbie mobili piene di scheletri e tesori.
Ma di notte, le lanterne prendevano il sopravvento.
- Poppy Z. Brite, Il cimitero dei vivi, La palude delle lanterne, 33

Uno strano fenomeno prende vita la notte nella palude di Lantern Marsh: le lanterne, scintillanti globi di luce che fluttuano sopra gli acquitrini.
I più razionali ritengono che siano degli innocui fuochi fatui, dovuti ai gas della palude; mentre, i più superstiziosi credono che siano dei fantasmi scintillanti.
Quale che sia la loro reale origine, Phil e Bronwen continuano a non comprendere perché il loro strambo amico Noel ama osservarle durante la Notte di Ognissanti.

Halloween è un vero e proprio giorno di festa nella città di Lantern Marsh. 
Tutti i bambini non aspettano altro che uscire per le strade, orrendamente travestiti, e fare "dolcetto o scherzetto".
Anche per Phil e Bronwen è sempre stato così, ma non per Noel, che per la ricorrenza si reca da solo nella palude deciso a cantare per le lanterne.
Quale segreto lega così profondamente un bambino di dieci anni a delle fiammelle misteriose?
La palude delle lanterne (Lantern Marsh, 2000) potrebbe essere un'ottima storia da leggere durante il periodo autunnale, in particolar modo nella notte di Halloween.
Una vicenda dall'atmosfera sognante e misteriosa, che, attraverso le avventure dei tre piccoli amici, sa come farci scappare dei piccoli brividi. Per non parlare della bellezza del finale, un finale che è allo stesso tempo dolce e amaro.
Calcutta? voi direte. Uno strano posto dove andare, quando i morti avevano già iniziato a camminare.
- Poppy Z. Brite, Il cimitero dei vivi, Calcutta, Signora delle Impudenze, 56

Con Calcutta, Signora delle Impudenze (Calcutta Lord od Nerves, 1992) abbandoniamo la nostra New Orleans per spostarci nelle povere e squallide strade di Calcutta.
Una città che emana un terribile odore di carne putrefatta, di corpi in decomposizione.
Be', non c'è da stupirsi di questo visto che Calcutta è invasa dai MORTI VIVENTI.
Un numero illimitato di defunti tornati in vita, forse - secondo la teoria più accreditata - a causa di un microbo geneticamente modificato, si nutrono voracemente di carne umana.
Le vittime di questi zombie, però, non sono tutti gli umani, ma solo quelli che hanno smesso da tempo di credere nella vita.
Il protagonista-narratore ci accompagna in un viaggio putrido e disgustoso, alla scoperta di una città, o meglio di un umanità, che sta lentamente abbandonando questo mondo.
Un racconto forte, con descrizione estremamente crude, disgustose per certi versi, e raccapriccianti.
Sicuramente non lo consiglio ai deboli di stomaco.

Non mi hanno mai arrestato, e non lo faranno mai. Non mi hanno mai visto perché sono invisibile, come l'etere che circonda la Terra. Non sono un essere umano, ma uno spirito e un demoe dei più profondi gironi dell'inferno. Io sono colui che voi abitanti di New Orleans e la vostra stupida polizia avete chiamato l'uomo con l'ascia.
- Poppy Z. Brite, Il cimitero dei vivi, Mussolini e il jazz dell'uomo con l'ascia,110

Può mai esistere un collegamento tra la morte dell'Arciduca Francesco Ferdinando, l'ascesa di Mussolini e il terribile assassino, noto come l'uomo con l'ascia, che gettò nel panico New Orleans nel 1919?
Ebbene, sì.
Il suo nome è Cagliostro (vi dice nulla?). 
Un uomo controverso, un mago che ha scoperto il segreto dell'immortalità, ed ora è deciso a ricostruire una nuova umanità, mettendo in atto un piano folle e contorto.

In tutto questo delirio dobbiamo inserire la figura di Joseph D'Antonio, un ex detective del dipartimento di polizia di New Orleans.
D'Antonio di routine trascorre le giornate affogando i suoi ricordi nell'alccol, questo finché lo spettro dell'Arciduca Ferdinando non si materializza nella sua stanza, chiedendogli aiuto.
L'artefice del suo assassinio si trova proprio a New Orleans. Non sa che volto abbia, ma lo spettro necessita di un corpo per poterlo uccidere  una volta per tutte.

Uno dei racconti più intriganti e adrenalinici della raccolta.
L'intreccio è strabiliante e inaspettato, e il legame che unisce grandi personaggi storici, che apparentemente non hanno nulla in comune, a uomini sconosciuti entrati brutalmente nell'immaginario collettivo è assolutamente fuori dalle righe.
Mussolini e il jazz dell'uomo con l'ascia (Mussolini and the Axeman's Jazz, 1999) possiede tutti i requisiti per aggiudicarsi il primo posto nella mia classifica personale, ma c'è stata un'altra storia che mi ha letteralmente rubato il cuore.
Stiamo parlando de La sua bocca saprà di assenzio (His Mouth Will Taste of Wormwood, 1990).

Ogni tomba ha il suo particolare aroma, proprio come ogni corpo vivente. 
- Poppy Z. Brite, Il cimitero dei vivi, La sua bocca saprà di assenzio, 126

Louis e Howard sono due amici, due sognatori cupi e irrequieti che condividono la medesima insoddisfazione per la vita intera.
Droghe strane, alcool puro, sesso estremo... nulla di tutto questo riesce a placare la loro tragica insaziabilità.
Ritiratisi per disperazione nella villa di famiglia di Louis, situata in un luogo deserto al confine con la palude, nella noia più totale un'idea perversa inizia a stuzzicare la loro fantasia: saccheggiare tombe per creare un loro personale museo di morte.
La nuova attività di profanatori si rivela essere davvero eccitante: scheletri, bottiglie di assenzio, reliquie e ritrovamenti di ogni genere cominciano rapidamente ad affollare la loro macabra galleria di morte.
A questo punto manca solo un oggetto alla loro collezione per essere perfetta. 
Un amuleto, per la precisione. 
Secondo varie leggende, è nascosto nella tomba di un potente sacerdote voodoo bianco, situata in un vecchio cimitero.
I due amici, però, non sanno che quel misterioso amuleto voodoo è portatore di una terribile maledizione.

Un racconto macabro, allucinante, sensuale, poetico... una storia dal sapore di assenzio, lo stesso che i due protagonisti scovano in una vecchia cripta di New Orleans. 
Sicuramente la mia preferita in assoluto di tutta la raccolta!
I personaggi di Louis e Haward possiedono quel fascino decadente da artisti maledetti, e ricordano molto due bohemien che vivono la vita sul filo della morte. Soprattutto Louis, il più intrigante tra i due, con la sua personalità tenebrosa e alternativa.
Amanti del macabro non potete perdervi questa sublime lettura!

Il cuore di New Orleans (The Heart of New Orleans, 2002)
Matthew Stubbs non era un bambino come tanti. A cinque anni già sognava di diventare un grande scrittore, ma ora il suo cadavere si trova in obitorio per essere sottoposto all'autopsia della coroner. 
Non c'è nulla di strano o violento nella sua morte, se non per la triste e banale causa.
Eppure, qualcosa di assolutamente bizzarro risalta sotto gli occhi della coroner: il suo cuore, infatti, possiede delle incisioni del tutto innaturali.
Cosa significa tutto questo? E per quale il piccolo Matthew era un bambino speciale?

Non sapeva se uccidere fosse definibile come arte, ma era l'unica cosa creativa che sapesse fare.
- Poppy Z. Brite, Il cimitero dei vivi, Risvegli, 160

Risvegli (Self-made Man, 1996) è il racconto conclusivo, e direi che non poteva esserci un finale migliore.
La storia appare come una rielaborazione ancora più perversa e soprannaturale del caso dell'efferato serial killer Jeffrey Dahmer, colui che adescava giovani ragazzi per poi ucciderli e ricreare con le parti dei loro corpi degli zombie.
In questa storia truculenta troviamo temi come il cannibalismo, la necrofilia, violenze di vario genere e non mancano descrizioni crude e scene di squartamenti. 
Non è una lettura leggera, per cui la sconsiglio a chi è facilmente impressionabile.
Personalmente lo reputo un bel racconto nel suo genere.











MOONACRE. I SEGRETI DELL'ULTIMA LUNA | Il cavallino Bianco di Elisabeth Goudge

Per te nessun passato, cavallino, né rimpianto, né futuro da temere nella foresta d'argento... Sotto la luna, solo il presente ti aspett...