mercoledì 29 luglio 2020

Lolita

Lolita, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, anima mia. Lo-li-ta: la punta della lingua compie un percorso di tre passi sul palato per battere, al terzo, contro i denti. Lo. Li. Ta.
 
TITOLO: Lolita
AUTORE: Vladimir Nabokov
EDITORE: Adelphi Edizioni
TRAMA: «Dopo trentasei anni, rileggo Lolita di Vladimir Nabokov... Trentasei anni sono moltissimi per un libro. Ma Lolita ha, come allora, un'abbagliante grandezza. Che respiro. Che forza romanzesca. Che potere verbale. Che scintillante alterigia. Che gioco sovrano. Come accade sempre ai grandi libri, Lolita si è spostati nel mio ricordo. Non mi ero mai accorto che possedesse una così straordinaria suggestione mitica» 
PIETRO CITATI

RECENSIONE:
Lolita affiora come la più intima e trascinante confessione di un uomo logorato da un violento e struggente impulso amoroso per una ragazzina di soli dodici anni.

L'autore del manoscritto, il quale adotta lo pseudonimo Humbert Humbert, decide di ripercorrere, passo dopo passo, la propria conturbante e inaccettabile passione, lasciando che la sua profonda e sconcertante confidenza, la sua indicibile storia, cominci a partire dagli anni più remoti della sua tenera e dolorosa giovinezza. 

Suo padre era proprietario di un lussuoso albergo sulla Costa Azzurra, l'Hotel Mirana, e in questo  luogo magnifico e incantato Humbert trascorreva felice la propria esistenza.

Circa all'età di tredici anni, il protagonista si innamora perdutamente di Annabel, sua coetanea. Tra incontenibile desiderio e prime esperienze, le speranze di Humbert per un futuro insieme vengono crudelmente distrutte dalla morte inaspettata di lei.
Il protagonista è totalmente sicuro che fu proprio questo shock improvviso a provocare quella crepa che percorrerà tutta la sua vita, divenendo un ostacolo a ogni sua successiva storia d'amore.
L'immagine di Annabel non lo abbandonerà mai, tanto da cercarla ovunque anche dopo essersi lasciato alle spalle il periodo della giovinezza.

Gli anni passano e Humbert è divenuto professore di letteratura inglese in un collegio maschile. 
Se apparentemente egli mostra di portare avanti rapporti ordinari con donne adulte, vicine alla sua età, interiormente è tormentato dall'ardere di un indicibile desiderio destinato a coloro che designa con il nome di ninfette.
Il narratore si affretta nel precisare che non tutte la fanciulle dall'età compresa tra i nove e i quattordici anni possono essere identificate come ninfette. Solamente le creature che presentano delle qualità arcane, a tratti demoniache, e un fascino insidioso e struggente (badate bene... la bellezza non viene annoverata  tra i criteri validi per individuarle) possono essere le elette dei ninfolettici.

Humbert è consapevole che i suoi sono pensieri inaccettabili e perversi agli occhi della società che lo circonda, e che la legge lo avrebbe punito severamente per questo suo orientamento; allo stesso tempo,  però, non riesce a trovare nulla di riprovevole verso i suoi impulsi.
Con molta precisione e semplicità, infatti, il protagonista ci elenca una serie di culture sparse nel mondo nelle quali rapporti di questo genere sono del tutto ammessi. Questo per sottolineare la sua innocenza.

Nonostante questi suoi fuochi interiori, Humbert ha appreso come contenersi e comportarsi normalmente in presenza di queste amabili creature, e di nutrirsi di loro attraverso un fugace sguardo e  rintanarsi, poi, nel proprio mondo immaginario
Tutto questo tenersi dentro, a lungo andare, lo ha condotto verso due ricoveri nel reparto psichiatrico, dove i dottori attribuiscono ai suoi crolli nervosi altre problematiche.

La situazione, però, prende una nuova piega nell'estate del 1947.
Humbert è deciso a trasferirsi per un po' nel New England, in America, per dedicarsi ai suoi studi e alla stesura di un nuovo libro.
Ad ospitarlo sarebbero stati i signori McCoo, vecchi amici di suo zio; ma, al suo arrivo, viene informato che la loro casa è stata completamente rasa al suolo da un incendio.
Tuttavia, un'amica della signora McCoo, Charlotte Haze, una giovane vedova che vive assieme a sua figlia, si è offerta di dargli una sistemazione.

La prima impressione della casa non è in nessun modo positiva, così come quella della signora Haze, donna dal facile innamoramento potremmo dire; ma è bastata la vista della piccola Haze, Dolores Haze, a far mutare ogni possibile intenzione di abbandonare quella abitazione ripugnate.

Da questo momento la narrazione prende la forma di un diario: Humbert riporta tutto ciò che ricorda di aver scritto, durante quella iniziale permanenza, su un'agenda di pelle nera e di aver successivamente bruciato per ovvie ragioni.
In queste pagine si diventa ancora più partecipi delle sensazioni e delle riflessioni del protagonista: dalle sue lunghe e dettagliate descrizioni dei movimenti più impercettibili della sua ninfetta ai pensieri di disgusto e fastidio verso sua madre, la quale gli impedisce, inconsapevolmente, di trascorrere del tempo in segreta contemplazione di Lolita.

Humbert, però, si sente strettamente legato al principio morale di non corrompere in nessun modo un'adolescente, di non macchiare l'innocenza di una bambina.
Gli sguardi sfuggevoli e le carezze impercettibili saranno gli unici modi che ha per godere di tutto ciò che Lolita ha da offrirgli. 
Col tempo, però, il quadro comincia a prendere una nuova e inaspettata sfumatura.

C'è qualcosa in questa dodicenne che sconcerta e lascia a dir poco perplessi.
Se per un primo istante l'accusa per i pensieri riprovevoli di Humbert, nonostante ce li serva avvalendosi di un linguaggio raffinato, colto ed elegante, totalmente lontano da quello che potremmo aspettarci da un una persona che prova tali impulsi, sia un qualcosa di quasi scontato... succede che i comportamenti di Lolita ci costringano a fare un passo indietro.

Talvolta appare proprio lei la seduttrice del protagonista, una ragazzina ben consapevole del potere che ha su di lui.
Il suo aspetto tradisce letteralmente quello che realmente si nasconde dentro quel corpo, a metà tra bambina e donna, ed è proprio questa la caratteristica più affascinante di Lolita: non solo riesce ad ammaliare il maturo e controverso Humbert, ma possiede la capacità di ipnotizzare il lettore stesso.

Nabokov, con sferzante eleganza, ci presenta un caso assolutamente fuori dal normale e fuori da ogni convenzione sociale.

Continuo a sfogliare questi infelici ricordi e a domandarmi se proprio allora, nello scintillio di quell'estate remota, abbia avuto origine la crepa che percorre la mia vita.

Lolita è un libro davvero singolare che ama scandalizzare e sfidare la morale del lettore e della società stessa. 
Non fu un caso che la sua storia editoriale fu lunga e travagliata.
Nabokov concluse il suo romanzo nel 1953, e solo nel 1955 venne pubblicato dall'editore francese Olympia Press
La grande maggioranza degli editori americani e inglesi non volevano in nessun modo avere a che fare con un libro che avesse come protagonista un pedofilo; infatti, l'autore dovette attendere il 1958/59 per assistere, finalmente, alla sua pubblicazione negli Stati Uniti e nel Regno Unito.
Lolita rappresentò, inoltre, un punto di svolta nella liberazione dalla censura, tanto che in quegli stessi anni la Penguin (importante casa editrice inglese) decise di far pubblicare, nel 1960, L'amante di Lady Chatterley (1928), andando persino contro la legge.

Ora, andando oltre la controversa relazione tra il protagonista e la sua amata ninfetta (indubbiamente fulcro e caratteristica più evidente e singolare del romanzo), cosa rende Lolita un vero classico senza tempo?

Sicuramente lo stile di scrittura di Nabokov.
La maniacale attenzione per i dettagli, l'uso consapevole e ben preciso delle parole, l'inserimento di similitudini e accostamenti di immagini inconsuete... tutto ciò evidenzia la grande capacità dell'autore di giocare con le parole, dando origine a una prosa estremamente ricca e sinuosa.

In secondo luogo la caratterizzazione dei personaggi.
Già in precedenza ho accennato al protagonista come narratore della storia, ed è proprio basandoci sulla sua confessione che riusciamo a farci un'idea concreta di lui, del suo aspetto e del suo modo d'essere.
Ci figuriamo un uomo prestante ed elegante, acuto e meticoloso, franco e ironico (tanto che in alcune parti  risulta addirittura simpatico!).
Humbert pone un'attenzione quasi ossessiva verso i più piccoli particolari, descrivendoli in un modo a dir poco dettagliato, inserendo talvolta qualche commentino pungente, solitamente rivolto a quelle donne che provano a corteggiarlo e a coloro che si frappongono tra lui e i suoi piani. 
Humbert, per quanto possa essere psicologicamente perverso, è totalmente consapevole del suo disturbo mentale.
Nabokov, lasciando la parola al protagonista, filtra l'intera vicenda attraverso i suoi occhi, non sempre affidabili, e questo ci permette di esplorare a fondo la sua psiche e di cogliere il suo graduale cambiamento interiore, una graduale discesa nel vortice della follia e dell'ossessione, a partire dal primo istante in cui il suo sguardo si è posato sulla piccola Lolita.

Dolores Haze, presentata attraverso una serie di vezzeggiativi (Lo, Lola, Dolly... o Lolita come ama chiamarla Humbert), è una fanciulla di appena dodici anni che, grazie alla propria immagine incantevole e il suo potere seduttivo, ipnotizza la mente deviata di Humbert, costringendolo a rimane letteralmente soggiogato dal suo fascino ninfesco, conducendolo verso un'attrazione fatale.
La ninfetta, lungi dall'essere un dolce angelo senza peccato, ci viene descritta come capricciosa e testarda, ribelle e senza peli sulla lingua. Praticamente il ritratto più veritiero dell'adolescenza se non fosse per un piccolo particolare...
Ciò che la rende visibilmente diversa dalle sue coetanee è la sua spiccata sessualità: il suo comportamento provocante genera in Humbert una forte attrazione, erotica e non solo.

In ultima analisi, un elemento essenziale che appartiene a tutti personaggi di Nabokov, principali e secondari, è la capacità di oscillare tra la realtà e la follia: tutti possiedono un lato razionale e concreto, che li mantiene ancorati al mondo reale e li rende vivi ai nostri occhi, e un lato surreale e squilibrato, che li vede coinvolti in una sorta di vortice di illusioni e fantasie allucinanti. 

Alla fine di tutto sorge spontanea la domanda: Ci troviamo a leggere le memorie di un maniaco squilibrato e ossessionato da una ragazzina estremamente precoce, oppure la testimonianza di un uomo che tenta in tutti i modi di spiegare e analizzare a fondo cosa scatena le sue passioni più profonde e tormentate ? 

Lascio l'ultima parola a voi, lettori.
Io posso solo consigliarvi la lettura di questo straordinario romanzo.

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domenica 19 luglio 2020

Fahrenheit 451

Questa notte ho pensato a tutto il cherosene di cui mi sono servito da dieci anni a questa parte. E ho pensato ai libri. E per la prima volta mi sono accorto che dietro un libro c'è un uomo.

TITOLO: Fahrenheit 451
AUTORE: Ray Bradbury
EDITORE: Mondadori
COLLANA: Classici Chrysakide
TRAMA: Non era pura e semplice fantascienza, quella di Ray Bradbury. Il suo è un futuro spaventosamente vicino. Nel futuro di Fahrenheit 451 non si leggono più libri, anzi si bruciano, perché tutti devono essere uguali, e nei libri, invece, si impara la differenza. E' un presente dedito al piacere, ai titillamenti in abbondanza, allo svago per lo svago, a forme di distrazione che sanno di dipendenza. Dove si vuole soltanto essere allegri, spensierati, sereni. Non pensare. Com'è possibile allora, in una simile società felice, dimenticare di essere felici?

RECENSIONE:
Correva l'anno 1951 quando The Fireman comparve per la prima volta sulla rivista di fantascienza The Galaxy. La storia ebbe un immediato successo e riuscì persino ad attirare l'interesse di un importante editore, che propose allo scrittore emergente Ray Bradbury di pubblicare il suo romanzo.
Prima di far ciò, però, bisognava risolvere un piccolo ma delicato grattacapo: ritoccare il titolo dell'opera, che evidentemente non era adatto alle esigenze del pubblico.
A questo punto Bradbury ebbe una geniale intuizione... chiamò il comando dei vigili del fuoco di Los Angeles e chiese: 
Potete dirmi a quale temperatura prende fuoco la carta?
La risposta più ovvia fu: 451 gradi Fahrenheit.
Nacque così Fahrenheit 451.

«Non leggete mai i libri che bruciate?»
Lui si mise a ridere.
«Ma è contro la legge!»
«Oh, già, certo.»

Guy Montag, il protagonista del romanzo, è un vigile del fuoco... un vigile del fuoco, però, assai diverso da come potremmo intenderlo noi. 
Il suo lavoro, infatti, non consiste nel placare e spegnere le fiamme, bensì di appiccarle.
Tutti gli uomini come lui, gli incendiari, uomini marcati dall'intenso e inconfondibile odore di cherosene, lavorano nella milizia del fuocoe il loro unico compito è quello di dar vita a dei veri e propri roghi in tutte quelle abitazioni che nascondono al loro interno dei libri.

La società distopica, descritta nel romanzo, etichetta i possessori di libri come dei terribili malviventi, dei criminali psicopatici, i quali non rispettano la legge che proibisce la lettura, e per questo rinchiusi in manicomi oppure lasciati bruciare assieme alle loro amate biblioteche.
Proprio così... molti dei sovversivi preferiscono una lenta e dolorosa morte tra le fiamme piuttosto che una vita incolore senza libri.

Che strano incontro in una notte strana!

Montag ama il suo lavoro; lo trova davvero appagante e insostituibile, tanto che, dopo ben dieci anni di servizio, non desidera altro al di fuori di ciò che quotidianamente svolge.
Una sera d'autunno, però, la situazione viene capovolta radicalmente.
Montag è di ritorno da lavoro, e, inaspettatamente, incontra una piccola ragazza che passeggia solitaria: Clarisse McClellan, la nuova vicina di casa.
Dopo un primo momento di imbarazzo ed esitazione, dovuto principalmente a un leggero timore verso l'incendiario, i due decidono di passeggiare insieme fino a casa, dialogando in un modo al quale Montag non era più abituato. 
I discorsi strampalati e i pensieri intricati della ragazza, uniti al suo singolare modo di approcciarsi alla vita, lo incuriosiscono notevolmente e risvegliano in lui un vecchio fuoco... un fuoco ben diverso da quello che è solito maneggiare ogni giorno.
Una nuova consapevolezza comincia a far breccia nel profondo di Montag, e tutto il suo mondo, costruito su certezze e verità scontate, lentamente prende a sgretolarsi davanti ai suoi occhi. Una lunga serie di interrogativi si accumulano e si intrecciano nei suoi pensieri e, ogni qualvolta che tenta di trovare delle risposte, qualcosa sembra sempre sfuggirgli.

Come sempre a casa c'è ad aspettarlo Milfred, sua moglie.
Il loro rapporto appare, fin dalle prime descrizioni, freddo e distaccato, privo di qualsivoglia forma di amore; e potremmo perfettamente paragonarli a due sconosciuti che condividono lo stesso tetto.
Milfred è una donna apatica, e l'unico interesse che possiede lo rivolge al modesto stipendio di Montag, poiché le permette di acquistare tutto ciò che desidera... soprattutto i beni materiali più superflui e futili.
Tra i tanti oggetti indispensabili vi sono tre pareti TV che ricoprono interamente i muri del soggiorno, stanza in cui Milfred trascorre la maggior parte del tempo in compagna della  famiglia.
Chi sono queste persone che quotidianamente invadono le tre pareti/schermo della stanza, parlando e raccontando storielle finte e senza senso?
Si presentano come amici intimi che si conoscono da una vita, ma di confidenziale non hanno assolutamente nulla. 
La loro missione è far divertire gli spettatori, di non condurli verso argute e intricate riflessioni. 
Non deve esserci il tempo per  ragionamenti articolati, per discussioni, per scambi di idee... ogni cosa deve essere rapida e immediata; ogni messaggio deve arrivare diretto alle orecchie dello spettatore, così da poter passare istantaneamente a un altro, e un altro ancora.
Solo in questo modo si può essere davvero felici; solo in questo modo si evita di perdersi in lunghi e contorti ragionamenti, che altro non portano se non dispiacere. 

Montag inizia fortemente a dubitare di questa felicità di facciata, cominciando a vedere la situazione come realmente è: sua moglie sta morendo e non vuole accettarlo; intere librerie bruciano, carbonizzando tutto il sapere che un tempo qualcuno ha reso disponibile all'umanità; scarseggiano sempre di più tutte quelle persone che conoscono la verità, divenute ormai presenze nascoste silenziose nell'ombra che non osano rivelarsi; una guerra misteriosa è alle porte, ma nessuno sa, o meglio si interessa contro chi o perché deve essere combattuta...

Il protagonista, però, già da qualche mese, nasconde un indicibile segreto proprio dentro le proprie quattro mura domestiche...

Montag è determinato ad ottenere tutte le risposte ai suoi interrogativi, e, da un vago ricordo, rievoca un curioso incontro, avvenuto qualche tempo prima, con un anziano signore che un tempo fu un importante professore: Faber.
Decide immediatamente di mettersi in contatto con lui, nonostante non sia stato affatto semplice. 
Faber, dopo le iniziali perplessità rivolte  all'incendiario, si convince a uscire dall'ombra e ad aiutarlo, e insieme iniziano a costruire un piano per riportare la perduta consapevolezza negli uomini.

Tra le mille peripezie, Montag percepisce sempre di più il decadimento morale della società che lo circonda, della indifferenza e passività delle persone di fronte alle crudeltà alle quali, non curanti, assistono... ma non si arrende alle difficoltà della propria ricerca.

L'uomo sa essere estremamente devastante e stolto, ma, allo stesso tempo, possiede un qualcosa che lo rende migliore e lo salva dalla sua stessa autodistruzione: la memoria.
Possiamo evitare di commettere sempre gli stessi errori se siamo bravi a non dimenticare le loro terribili conseguenze...
E quale oggetto meglio dei libri si presta ad essere il migliore scrigno dei ricordi?

Se nascondi la tua ignoranza, nessuno ti darà una bastonata, ma tu non imparerai mai.

Fahrenheit 451 è un romanzo distopico ambientato in un futuro indefinito, nel quale tutte le problematiche della società presente sono portate ad un livello di esasperazione estremo.
Ci troviamo di fronte a una popolazione impaziente e irrequieta,  che ha dimenticato l'importanza del sapere contenuto nei libri; infatti, per tutto il romanzo, viene ribadito che non c'è mai stato il ricorso dittatoriale del Governo a delle vere imposizioni che vietano l'azione del leggere, ma, lentamente, le persone stesse hanno spostato la loro attenzione su altre forme di intrattenimento più immediate, come  quelle fornite dalla tecnologia
In questo modo tutti sono uguali e felici; ogni forma di possibile diversità viene eliminata attraverso i grandi roghi dei libri, poiché solo quest'ultimi sono in grado di dar vita a pensieri unici.

Montag è un uomo identico a tutti gli altri, apparentemente spensierato e felice.
Qualcosa, però, cambia nel suo modo di intendere le cose, e questo lo rende un personaggio assolutamente dinamico e in continua evoluzione
Nel corso dell'intera narrazione, in particolar modo in seguito all'incontro con Clarisse, assistiamo a una sua sorprendente crescita interiore, che lo conduce sempre più vicino ad una nuova e illuminante consapevolezza.
Clarisse è uno personaggi più affascinanti della storia, e la possiamo immaginare come una sorta di guida del protagonista; seppur la sua giovane età, è lei che, con il suo modo insolito di osservare il mondo circostante e di approcciarsi alla vita, lo indirizza verso una libertà sconosciuta.
I personaggi secondari che si susseguono nel corso dell'intera della vicenda, seppure, a volte, presentati con brevi descrizioni, sono sempre ben caratterizzati grazie ai loro personali discorsi e pensieri; in questo modo per il lettore non è difficile delinearli nella propria immaginazione. 

Lo stile di scrittura di Bradbury è davvero singolare e curioso: sono presenti, nel corso della narrazione, dei momenti in cui il narratore si sofferma su piccoli dettagli, suoni o colori particolari, che arricchiscono le descrizioni senza mai farle diventare noiose o superflue.  
La struttura del romanzo, inoltre, è abbastanza lineare: segue sempre un filo cronologico, che delle volte è intervallato da brevi flashback, ricordi di eventi passati, che infittiscono la storia e le donano un alone di mistero.


Infine, Fahrenheit 451 non è solamente un libro che racconta una semplice storia, ma è un vero e proprio manifesto di protesta rivolto a una società che sta perdendo disgraziatamente la propria genuinità.

Leggiamo di case invase da mega schermi, di automobili che sfrecciano alla velocità della luce, di persone che parlano di socialità e poi non hanno neppure la possibilità di esprimere una propria opinione o dar vita a dei confronti e scambi di idee...

Questo è il mondo futuristico descritto in Fahrenheit 451, ma è lo stesso identico mondo in cui viveva Ray Bradbury negli anni 50 e in cui viviamo noi oggi nel 2020.

Siamo totalmente sommersi dal rumore, che ci impedisce di ascoltare tutto ciò che ci circonda: il televisore, il cellulare, il computer, l'iPad... schermi ovunque
Sono tutti strumenti che per certi versi ovattano i nostri sensi, e attraverso i quali riescono a bombardarci di infinite e contraddittorie informazioni, tanto da farci credere di conoscere ogni cosa e di essere informati su tutto. 

Montag rappresenta l'uomo contemporaneo, immerso nel caotico universo di attività freniche a cui deve sottostare per sopravvivere, che finalmente giunge a scoprire la vera importanza del rallentare, del fermarsi e del respirare.

I libri, poi, sono una forte metafora della memoria umana
Bradbury riesce a descriverci attraverso il loro destino le paure più profonde dell'uomo: la perdita totale del ricordo
Questo passo, poi, mi ha fatto fare un piccolo collegamento con un capitolo del Suspiria de Profundis di Thomas de Quincey, nel quale si associa la memoria umana ad un palinsesto.

Ho apprezza tantissimo questo romanzo; in particolar modo le ultime pagine, ricche di azione e momenti di riflessione, che mi hanno davvero commossa.
Una lettura che consiglio assolutamente a tutti.


Caro FANTASMAGORICO LETTORE, 
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mercoledì 8 luglio 2020

Il Principe Lestat

Mi alzai e misurai a grandi passi lo stesso tappeto scuro, poi tornai sul balcone e guardai il cielo sempre più chiaro. stava arrivando l'alba. L'inesorabile, implacabile alba. Così confortante per il mondo delle creature mortali e animali, le piante che spuntavano ovunque dal terreno e gli alberi che sospiravano attraverso un miliardo di foglie. E così letale per noi.
TITOLO: Il principe Lestat
SAGA: Le Cronache dei Vampiri
AUTRICE: Anne Rice
EDITORE: Longanesi 
TRAMA: Dolenti e magnifici, specchio oscuro delle nostre più ancestrali paure del nostro eterno e inappagabile desiderio di immortalità, i vampiri sono tra noi. Vittime delle loro passioni, si muovono nel mondo di oggi come in quello di ieri, scavalcando le ere e i confini geografici nello spazio di un giorno, pronti a succhiare il sangue umano per vivere... Se non può essere considerata vita la loro eterna dannazione.
Ma ora qualcuno (qualcosa?) sta colpendo il mondo cristallizzato e terribile dei Non Morti. Da Parigi a Mumbai, da Hong Kong a Kyoto a San Francisco, una Voce misteriosa spinge i Bevitori di Sangue a combattersi tra loro, e sembra essere tornato il tempo dei Grandi Roghi.
Anche il principe Lestat la sente sussurrare e piangere nella propria mente... Che cosa vuole la Voce? Come potrà la tribù dei Non Morti sconfiggere questa forza immane che ha gettato tutti nel panico?

RECENSIONE:
Correva l'anno 1985 quando, per la prima volta, un impetuoso bevitore di sangue ebbe l'ardire di rivelare a tutto il mondo silenzioso dei Non Morti la vera storia della Genesi del Sangue.
L'intera vicenda venne narrata in un libro scritto direttamente dalla mano irrequieta di questo vampiro, uno dei più celebri di tutti i tempi, conosciuto e soprannominato dai suoi pari come Brad Prince o l'enfant terrible... 
Sì, mon cher, ci siamo capiti benissimo. 
Stiamo parlando esattamente dell'istrionico, incorreggibile, ribelle, beffardo ed elegante vampiro Lestat de Lioncourt
L'unico che, per tutti i disastrosi trambusti ai quali ha dato vita, è riuscito a sopravvivere allo scorrere incessante del tempo e a divenire una vera e propria leggenda della notte.

Gli anni però non smettono di susseguirsi, e giungiamo inaspettatamente nel vicino 2013
Un mondo diverso, caratterizzato dall'avvento di un'epoca ricca di straordinarie rivoluzioni e invenzioni nel campo tecnologico. 
Smartphone, computer, internet, social networks... Un universo che osservato da occhi immortali, occhi che hanno assistito personalmente all'evolversi dell'umanità dalle sue forme più primitive a quelle più progredite, riescono a trasmettere, a noi moderni lettori, un'indubbia sublime inquietudine.

In questa era sbalorditiva gli Homines Nocturni non sono più al sicuro. 
Le possibilità di essere notati dagli umani, che dispongono ora di nuovi  mezzi scientifici capaci di confermare quelle teorie esoteriche sulla loro esistenza, aumentano.
Ma il vero pericolo si diffonde rapidamente nel buio come un virus, un nemico invisibile che si insinua nelle profondità della mente dei Non Morti, sussurrando incessantemente parole raccapriccianti.
L'epoca dei Grandi Roghi sembra ripresentarsi con maggiore violenza: vampiri da ogni parte del mondo vengono bruciati da antichissimi Figli delle Tenebre che, per inspiegabili motivi, sono stati destati dal loro sonno immortale, rivoltandosi contro i più giovani della loro stessa specie e incenerendoli con il crudele dono del fuoco.

Contemporaneamente a questi eventi, una voce misteriosa inizia a far breccia nei meandri dei pensieri di Lestat, tormentandolo ostinatamente senza tregua.
Una voce remota e potente, che ipotizza appartenere a qualche sperduto Figlio dei Millenni (termine che indica un immortale sopravvissuto a più di due millenni), la quale farnetica delirante l'ordine di una feroce vendetta verso tutti i vampiri... un atroce sterminio di massa.
Ignorarla sembra essere l'unico modo che resta a Lestat per escludere tutti i suoi reclami disperati; ma, con maggiore difficoltà, può fingere di non percepire le grida di supplica dei suoi fratelli di sangue, che invocano disperatamente il suo aiuto. 
Non sarà semplice questa volta fronteggiare una minaccia senza volto, incorporea, ma il timore di poter perdere per sempre i suoi amati lo preoccupa terribilmente. 

Alcuni anni prima, immediatamente dopo la sua disavventura con il Ladro di Corpi, Lestat ebbe l'opportunità di incontrare dei Figli delle Tenebre davvero inconsueti: Fareed e Seth.
Per la prima volta vediamo inseriti nello scenario vampiresco due vampiri che si intendono di medicina e scienza, materie, a detta di Lestat, sconosciute e incomprensibili al suo animo romantico.
Lestat, come altri prima di lui, rimane affascinato dai numerosi esperimenti che conducono nei loro laboratori segreti e dalle rivelazioni sconcertanti a proposito della loro specie... e, naturalmente, non resiste all'allettante proposta di sottoporsi egli stesso ad una conturbante sperimentazione scientifica.

Il frutto di tale esperienza sfida ogni legge umana e preternaturale, tanto da richiamare alla mia memoria alcune immagini del Frankenstein di Mary Shelley
Lestat, però, ne rimarrà totalmente all'oscuro per un bel po' di anni, senza mai conoscere  l'esito finale. Forse Fareed e Seth temevano inconsciamente una sfuriata del buon Lestat, ben noto per la sua irrascibilità a dir poco estrema quasi quanto per il suo senso dell'umorismo.

In questo nuovo e apocalittico scenario assistiamo al ritorno di molti dei vampiri più amati delle Cronache, che, come ne La regina dei dannati, si riuniscono nuovamente per fronteggiare l'imminente annientamento. Fanno il loro magistrale ritorno Armand, il seducente serafino dai morbidi capelli rossi e dallo sguardo ardente, Marius, il saggio e gentile patrizio romano dall'immensa e infinita cultura, Louis, il tormentato e malinconico giovane dall'espressione perennemente triste, David Talbot, ex superiore generare della congrega segreta del Talamasca, Pandora, Daniel,... e molti altri ancora che nei precedenti libri sono stati solamente delle fugaci comparse senza nomi, e che ne Il principe Lestat  riescono ad assumere una forma più delineata e a raccontare finalmente la loro storia.

Ormai sono tutti pronti per combattere questo nemico comune, manca ancora, però, l'imprescindibile presenza di Lestat, l'unico in grado di poter guidare questa nuova tribù di bevitori di sangue e di scoprire quale recondito segreto si nasconde dietro l'incessante Voce che infesta le menti di tutti loro.


Il principe Lestat è l'undicesimo capitolo delle Cronache dei vampiri di Anne Rice, ed è stato pubblicato ben dieci anni dopo Blood, che sarebbe dovuto essere il romanzo conclusivo della serie.
Un volume che si presenta in un modo assai differente dai suoi predecessori... e ora scopriremo il perché.

Solitamente Anne Rice tende a dedicare ogni libro delle Cronache ad un vampiro in particolare, narrando la sua storia prima e dopo l'aver ricevuto il Dono Tenebroso
Questo capitolo, invece, pullula di una gran moltitudine di personaggi che intrecciano la loro vicenda personale con quella di altri bevitori di sangue, creando una vera e propria ragnatela ben articolata nella quale ogni singolo personaggio assume un ruolo indispensabile per lo svolgimento della narrazione (similmente a come avvenne ne La regina dei dannati, quando si ritrovarono a dover fermare la pericolosa regina Akasha).

Un altro aspetto innovativo è la creazione, sin dalle primissime pagine, di un'atmosfera più moderna e fresca.  
Tutta la storia è ambientata in un mondo che è il nostro e in un'epoca che è la nostra! 
Questa volta non ci troviamo in luoghi sperduti o in ere lontane, ma il tutto prende piede in un presente a noi ben noto.
Davvero bizzarro è stato immaginare i nuovi vampiri, così diversi dai i più famosi delle Cronache, alle prese con la tecnologia; ed è assai curioso saperli con in mano un iphone intenti a immortalare con delle fotografie il loro beniamino Lestat. 

In questo libro tutti i segreti accumulati nel corso dei volumi precedenti vengono finalmente svelati. Assistiamo a delle vere e proprie RIVELAZIONI che, soprattutto per chi ha letto tutte le Cronache, non possono non apparire scioccanti e illuminanti allo stesso tempo. Per questo particolare motivo consiglio di leggere Il Principe Lestat dopo esservi già approcciati ai precedenti romanzi della saga, sebbene la Rice inserisca abilmente dei mini riassunti durante la narrazione che agevolano il lettore nel ricordare i vari personaggi e avvenimenti passati.  

Nonostante le numerose novità introdotte in questa straordinaria e intricata vicenda, lo stile di Anne Rice rimane perfettamente riconoscibile: elegante, raffinato, sensuale e provocante.
Le sue descrizioni sono così ben calibrate, precise ma mai ridondanti, che riescono a rendere i personaggi e l'intera ambientazione davvero vividi nella mente del lettore.
Il punto forte di questo libro, però, è immancabilmente legato agli oscuri e profondi sentimenti di queste splendide creature delle tenebre, che l'autrice non smette mai di portare alla luce fin dal suo primo romanzo Intervista col vampiro.
Condannati alla vita eterna, i vampiri sono esseri dannati nel sangue, ma questa volta si riesce ad intravedere nel buio uno spiraglio di speranza, la consapevolezza che tutto il dolore e la sofferenza accumulata nei secoli possano una volta per tutte disperdersi per sempre... 
Un nuovo capitolo nella storia dei  Figli delle Tenebre si sta finalmente spalancando.

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mercoledì 1 luglio 2020

Suspiria de Profundis

Esse non parlavano, mentre conversavano con Levana; non bisbigliavano; non cantavano; [...]
Esse cospiravano tra loro; e sugli specchi dell'oscurità il mio occhio seguiva i loro complotti. I simboli erano i loro; le parole sono le mie.
Chiamiamole Nostre Signore del Dolore.

@thecovenofphantasmagoricalbook
TITOLO: Suspiria de Profundis
AUTORE: Thomas de Quincey
EDITORE: Garzanti
COLLANA: I piccoli grandi libri
TRAMA: Scritto nel 1845, Suspiria de Profundis precipita il lettore in un vortice di oniriche e inquietanti visioni. Permeato da un profondo senso di decadenza e di morte, il racconto è dominato dai temi della memoria e della fugacità del tempo: in un'incalzante sovrapposizioni di piani temporali. De Quincey medita sulla miseria della condizione umana, effimera e condannata a uno stato di dolore e afflizione perenni, fatalmente trasmessi da una generazione all'altra.

RECENSIONE:
Ancor prima dello sviluppo e della diffusione della psicoanalisi freudiana e delle sue idee rivoluzionarie, Thomas de Quincey si presenta come un vero e proprio visionario, un anticonformista, che riuscì con i suoi scritti ad anticipare i tempi e i principi cardine della psicologia del profondo. Egli indagò minuziosamente su quella che definisce la misteriosa camera obscura, la mente umana, percependo e riconoscendo la vitale importanza dei sogni.
Una facoltà, quella del sognare, che viene turbata e dissipata dal costante progresso della società moderna.

L'età vittoriana, epoca in cui visse l'autore, fu un periodo storico ricco di profonde trasformazioni economiche e sociali, mutamenti che hanno condotto verso un terribile e irrefrenabile deterioramento del meccanismo del sogno. 
La solitudine, quale momento di intima meditazione, di accrescimento dell'intelletto e della facoltà di sognare, diviene ormai un'utopia nell'intensa e caotica vita sociale
A questo punto, se tutte quelle possibilità di accrescere la capacità onirica dell'uomo si sono inesorabilmente disperse nella superficialità dell'epoca moderna, Thomas de Quincey spiega che esiste un agente che favorisce il recuperaro di questa potenzialità: l'oppio.

De Quincey fa riferimento alla sua opera precedente Confessioni di un oppiomane (1921), una sconcertante autobiografica che lo incoronò come celebrità letteraria al pari dei suoi amici e colleghi Wordsworth e Coleridge, con i quali condivise idee, vicinato e... OPPIO.
In questo libro lo scrittore descrive i poteri straordinari di questa sostanza allucinogena nell'esaltare i colori del sogno e nel rafforzarne le ombre.
Col tempo questa via prediletta per il recupero di ciò che sembrava essere perduto, si trasforma, però, in una terribile dipendenza. 
Il suo tormentoso rapporto con l'oppio divenne persino fonte di ispirazione per scrittori illustri come Baudelaire ed Edgar Allan Poe.

Assieme alla facoltà di sognare, l'oppio possiede l'abilità di ampliare le dimensioni del tempo.

Tu vedi, dunque, quanto sia limitato, incalcolabilmente limitato, il vero e reale presente. Di quel tempo che chiamiamo il presente, appena una centesima parte non appartiene a un passato che è già fuggito o a un futuro che ancora si avanza.

In una società nella quale la velocità è tutto, la possibilità di rallentare i ritmi diviene una vera necessità per chi, come de Quincey, vuole continuare a sognare.

Che cos'è il cervello umano se non un naturale e grandioso palinsesto?

Un altro tema che de Quincey tocca con magistrale poesia è quello della memoriaattraverso la geniale analogia del palinsestoEsso è una pergamena o una membrana da cui più volte è stato cancellato il manoscritto. 
Un oggetto curioso al quale accostare le facoltà mnemoniche dell'essere umano. 
Un sovrapporsi infinito di pensieri, immagini, sentimenti... Ogni strato successivo cancella quello precedente, anche se, in realtà, nulla viene mai rimosso completamente.
Proprio come le innumerevoli e misteriose calligrafie iscritte nel palinsesto e rinvenute grazie alla magia della chimica moderna, il cervello umano possiede la capacità di far risorgere dall'oblio della dimenticanza ogni nostra esperienza, gioiosa o dolorosa che sia.

Ed è proprio il dolore il successivo argomento che de Quincey decide di sviscerare.
L'autore narra che spesso, durante il periodo passato ad Oxford, nei suoi sogni si manifestava la figura misteriosa di Levana, che lo scrittore inglese descrive in un modo assolutamente affascinante.
Levana, dea latina protettrice dei neonati e tutrice dell'educazione della prima infanzia, nei suoi sogni appare frequentemente in intima unione con tre oscure sorelle: le Nostre Signore del Dolore.
Poiché anche i bambini più piccoli non di rado esperiscono forme di sofferenza e miseria.
De Quincey, nel parlare di queste dame, propone un costante riferimento al numero magico e mitologico del tre: tre sono le Grazie, che adornano di bellezza la vita dell'uomo; tre sono le Parche, che tessono il destino umano; e, infine, tre sono le Furie, che portano l'espiazione per gravi colpe commesse.
L'autore spiega di conoscerle molto bene, e di averle incontrate tutte lungo il cammino della sua vita.
La prima che viene descritta è Mater Lachrymarum, Nostra Signora delle Lacrime, la maggiore delle tre; ed è lei che notte e giorno delira e geme, invocando volti scomparsi, rappresentando la più pura disperazione.
Ella è seguita da Mater Suspiriorum, Nostra Signora dei Sospiri, colei che non piange e non geme, ma sospira impercettibilmente a intervalli; ella accompagna i vagabondi senza dimora così come gli uomini gloriosi e di alto rango, che hanno ricevuto in segreto il suo marchio, e li conduce nello sconforto più totale.
L'ultima sorella, la più giovane ma anche la più spaventosa, è Mater Tenebrarum, Nostra Signora delle Tenebre. Ella si presentata come la madre della follia, l'ispiratrice dei suicidi.

Se i loro nomi risuonano familiari alle vostre orecchie, miei cari lettori e mie care lettrici, sicuramente ricorderete la trilogia de Le tre madri, composta da Suspiria (1977), Inferno (1980) e La terza madre (2007), di Dario Argento; infatti il regista di film horror si ispirò alle Nostre Signore del Dolore di Thomas de Quincey per la creazione dei suoi capolavori cinematografici.
 
Suspiria de Profundis è uno di quei libricini che difficilmente può essere racchiuso in una categoria ben specifica; poiché si presenta contemporaneamente come una sorta di racconto immaginario dalle tinte autobiografiche e come un piccolo saggio filosofico. 
Thomas de Quincey, attraverso una prosa complessa ed estremamente elegante, si spinge verso l'esplorazione di mondi onirici e dimenticati, di incubi reconditi e di atmosfere surreali. Il tutto immerso in clima di puro romanticismo decadente.
L'opera possiede, inoltre, la formidabile capacità di suscitare una buona dose di curiosità e destare la più profonda riflessione su temi che tutt'ora sono i protagonisti del nostro tempo.

Caro FANTASMAGORICO LETTORE, 
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