giovedì 1 luglio 2021

CADAVERE SQUISITO di Poppy Z Brite

Non trovavo spiacevole l'aroma della morte. Era come quello dei fiori recisi lasciati troppo a lungo nell'acqua stagnante, una dolcezza pesante e malata che riempiva le narici e si raccoglieva sul fondo della gola a ogni respiro.
- Poppy Z Brite, Cadavere squisito, 9

TITOLO: Cadavere squisito
AUTORE: Poppy Z Brite
EDITORE: Independent Legions Publishing
TRADUZIONE: Francesca Noto
SINOSSI: Evaso dalla prigione di Painswick, nel Regno Unito, il serial killer Andrew Compton parte alla ricerca di un nuovo posto in cui vivere e poter appagare la sua sete di sangue, che non si è mai placata. Il suo viaggio lo conduce a New Orleans, fra le braccia di Jay Byrne, un fotografo dal fascino oscuro che risveglia il suo istinto omicida, ma si rivela tutt’altro che una vittima sacrificale.È l’incontro fra due anime oscure, che ben presto finirà per coinvolgere Tran, ragazzo vietnamita, ripudiato dalla famiglia a causa della sua omosessualità e in fuga da un amante psicotico. Sullo sfondo del decadente Quartiere Francese, sferzato dalle invettive della radio illegale WHIV, ha inizio così una macabra danza d’amore e morte, di necrofilia, cannibalismo e solitudine. Un’autopsia spirituale che affonda il bisturi nella carne viva per darci in pasto il lato più buio dell’anima.

RECENSIONE:
Londra, fine anni ottanta.
Nella prigione di Painswick risiede uno dei detenuti più pericolosi di tutta l'Inghilterra: Andrew Compton.
Famoso nel mondo della cronaca nera come "l'ospite eterno di Londra" o "il killer gay", per circa undici anni Compton ha ucciso indisturbato più di venti ragazzi.

Ma non è il numero delle vittime a renderlo uno dei peggiori predatori in circolazione, quanto il suo inquietante modus operandi.
Compton non si limita a uccidere i malcapitati, solitamente abbordati in qualche squallido locale, ma ama conservare i loro cadaveri per compiere su di essi atti disgustosi e morbosi.
Questo finché la decomposizione non prende il sopravvento, costringendolo a liberarsi del corpo e a cercarne uno nuovo.

Non sorprenderà sapere che, dopo il suo arresto, Andrew è risultato positivo all'HIV.
Ed è proprio così che il più grande corteggiatore della morte si è lasciato travolgere da questa macabra passione.

Compton, però, coglie quest'occasione per realizzare un tetro stratagemma che gli permetterà di sfuggire dalla reclusione a vita: simulare il proprio decesso.
La messa in scena riesce alla perfezione, e Andrew è nuovamente libero, pronto ad assumere una nuova identità e ha riprendere le sue vecchie abitudini.
Ma "mostro" è un termine medico, che descrive un essere troppo deforme per appartenere ad alcun altro luogo che non sia la tomba. Gli assassini, che invece sanno essere parte di qualsiasi posto, seminano il mondo.
- Poppy Z Brite, Cadavere Squisito, 65

New Orleans, Stati Uniti.
Un misterioso fotografo si aggira per i vicoli scuri del Quartiere Francese alla ricerca del suo spacciatore preferito.
Il suo nome è Jay Byrne, erede di una storica e agiata famiglia di New Orleans.

Se per molti ragazzi del Quartiere la presenza di Jay risulta essere inspiegabilmente inquietante e in qualche modo sgradevole, la stessa cosa non vale per Tran
Di origine vietnamita, Tran è un bellissimo ragazzo poco più che ventenne, il quale arrotonda lo stipendio da cameriere con la vendita di droga.

Per qualche enigmatico motivo, forse dettato dalla recente e dolorosa rottura con il fidanzato Luke, Tran è attratto dal fascino oscuro del suo acquirente migliore.
Ma se solo sapesse quali terribili segreti si celano oltre i cancelli dell'elegante proprietà Byrne...

Jay nasconde un'insaziabile dipendenza, che soddisfa attraverso un sadismo morboso e torbido, rendendolo uno dei più pericolosi cacciatori in circolazione.

Una persona viva aveva sempre la possibilità di abbandonarlo. Teste mummificate e ossa sbiancate non avrebbero mai potuto compiere un simile atto di slealtà. Tutti i suoi ragazzi diventavano parte di lui. Sarebbero rimasti per sempre con lui, carne della sua carne, ad amarlo dall'interno.
- Poppy Z Brite, Cadavere squisito, 108

Cosa potrebbe mai accadere se, per un perverso scherzo del destino, due dei più spietati serial killer della storia avessero modo di incontrarsi?
Quale tipo di relazione malsana ed esplosiva potrebbe mai nascere?

Quanto lo amai, in quel momento! Gli abissi privi di coscienza dei suoi occhi, le ciocche lisce di capelli biondi sul collo, il carnai di segreti contenuto all'interno della nobile volta del suo cranio.
- Poppy Z Brite, Cadavere squisito, 172

Cadavere squisito (Exquisite Corpse, 1996) è un romanzo estremamente crudo, violento, ma allo stesso tempo oscuramente poetico e malinconico.
Specifico che non è un libro adatto a tutti, soprattutto per coloro che si impressionano facilmente, poiché per certi versi potrebbe risultare eccessivo.
Il lettore, infatti, è coinvolto in una storia in cui i protagonisti sono degli efferati killer, nonché necrofili e necrofagi, totalmente inibiti e senza scrupoli.
Nessun tipo di violenza ci viene risparmiata, e non mancano scene esplicitamente cruente e splatter.

Il romanzo è ambientato simultaneamente a Londra e a New Orleans, due città completamente diverse che condividono però la presenza di un lato oscuro e perverso.
L'autore riesce magistralmente a delineare e a dare tridimensionalità a questi luoghi, in particolare alla decadente e incandescente New Orleans (città natale dello stesso Brite), inserendoli con altrettanta accortezza in un background storico davvero controverso.
Sono gli anni in cui imperversa e si diffonde l'AIDS, una malattia senza cura che sembra colpire maggiormente gli omossessuali, che cominciano a essere identificati come la causa scatenante.

Tutti i personaggi del libro sono omosessuali, e condividono, ognuno a suo modo, un profondo disagio sociale, dovuto principalmente a questa condizione di emarginazione e al crescente senso di solitudine.
Da una parte troviamo le figure disturbanti di Andrew e Jay, due killer totalmente opposti che finiscono per intessere una folle relazione amorosa; dall'altra ci imbattiamo in una serie di personalità che, attraverso le loro vicende, riescono a fissarsi indelebilmente nella memoria del lettore.

La narrazione si costruisce su una duplice prospettiva.
L'autore, infatti, gioca sull'alternanza del punto di vista.
Da una parte abbiamo un narratore onnisciente, che ci permette di avere un quadro completo dell'intera vicenda; dall'altra, invece, è lo stesso Compton a raccontare la sua storia, immergendoci completamente nel suo mondo morboso ma spaventosamente coerente.
La logica malsana che è dietro le sue azioni depravate è molto più sconcertante del comportamento stesso.
Senza dubbio il suo è un atteggiamento patologico, ma a un certo punto cominciamo quasi a comprendere le pulsioni immonde che lo spingono ad agire in quel modo.
Questo utilizzo della prospettiva interna permette di entrare in profondità nella psiche del killer, così da svelare cosa genera quel desiderio insano di uccidere e violare i cadaveri.

L'attrazione sessuale si accende solo al sopraggiungere della morte, che trasforma quei bellissimi corpi in amanti perfetti.
La loro passività è un qualcosa che eccita il protagonista, ma che lo rassicura che per un po' di tempo non sarà più solo.

Infatti è proprio la solitudine ad accomunare Andrew e Jay.
Questo sentimento di vuoto lacerante, unito a un'ossessiva paura di abbandono, li legherà visceralmente in una relazione intensa ed estremamente morbosa, nella quale entrambi potranno finalmente condividere la loro macabra passione per la morte.

La solitudine è fondamentalmente uno dei temi centrali del romanzo, dal quale poi si diramano altre questioni molto delicate.
La paura dell'abbandono e della perdita, il senso di emarginazione e trascuratezza, la droga come medicina dell'anima.
Attraverso questa storia esploriamo il mondo della dipendenza, conosciamo le problematiche legate alla comunità gay degli anni ottanta (l'espandersi incontrollato dell'AIDS, gli abusi delle autorità nei loro confronti,...), il tutto avvolto in un clima di degrado morale.

Ho amato immensamente lo stile di scrittura, tagliente come la lama di un bisturi.
Poppy Z Brite è riuscita grandiosamente a dar vita a un romanzo poeticamente violento e morboso, divino nel suo orrore: riesce a scuotere nel profondo per la crudezza e la violenza delle immagini che crea, ma ha l'abilità di narrarle con un sensuale lirismo. 

Concludo consigliandovi calorosamente questo romanzo, però eviterei di proporlo a chi è particolarmente sensibile e impressionabile, perché potreste imbattervi in disturbanti scene sanguinose e ricche di sadismo che pullulano in queste pagine. 





 





 

 

mercoledì 23 giugno 2021

LA CATTIVA STRADA di Sébastien Japrisot

Ininterrottamente, senza desiderio, o forse senza capire il suo desiderio, aspettava che finisse la notte e poi che finisse il giorno. Non esisteva durante la notte. La vita era solo quel momento della sera in cui, in un'aula deserta, due mani gli accarezzavano il viso con un gesto materno. Era soltanto quella tonaca bianca, il fruscio di quella veste quando suor Clotilde camminava, il tepore di una spalla, un profumo di donna.
- Sébastien Japrisot, La cattiva strada, 77

TITOLO: La cattiva strada
AUTORE: Sébastien Japrisot
EDITORE: Adelphi
TRADUZIONE: Simona Mambrini
SINOSSI:

RECENSIONE:
Ogni anno è sempre la stessa storia.
Denis ha ormai quattordici anni, e tutto quello che circonda la sua vita gli appare tristemente immobile e insipido.
La scuola che frequenta, le preghiere della messa, gli austeri professori, i suoi inseparabili amici, le punizioni per il suo carattere esuberante... nulla è cambiato e nulla sembra in procinto di farlo.
Persino i suoi genitori continuano a comportarsi allo stesso modo con lui, e a trattarlo come un ragazzino che non può capire certe cose o, addirittura, che non può conoscerle ancora.
Tuttavia, contrariamente ad ogni sua previsione, un incontro insolito stravolgerà la sua intera esistenza.

Sono i giorni prima delle vacanze di Natale, e la scuola ha organizzato per gli studenti un ciclo di visite in ospedale, con lo scopo di tener compagnia agli infermi. 
Denis non ha particolare interesse in questa iniziativa, tanto da preferire le punizioni a un tedioso pomeriggio tra i malati. 
Tuttavia, alla fine si trova costretto a fare questo sforzo.

Tra le stanze e i corridoi tutti uguali dell'ospedale, Denis è alla ricerca di qualcuno che possa accompagnarlo dai suoi compagni senza perdersi in continuazione.
Ed è proprio qui che incontra suor Clotilde.
Una giovane suora di ventisei anni, dall'aspetto particolarmente bello, che gentilmente gli fa strada nell'intricato ospedale.

Qualcosa, però, lascia particolarmente turbato Denis.
Una sensazione indescrivibile, che non aveva mai sperimentato prima, lo invade.
Un desiderio impetuoso comincia a bruciare dentro il suo corpo, e il volto dolce di suor Clotilde è praticamente marchiato a fuoco nella sua mente
Può mai essere amore quello che prova? 

Da questo momento in poi una trascinante e passionale storia d'amore intrappolerà entrambi i protagonisti in una relazione controversa, che sarà costretta a fare i conti con la rigida morale cattolica, con la legge e con la crudeltà delle persone.

Dio è morto? Esiste qualcun altro oltre a noi? A noi due insieme? Dio è morto. Esistiamo solo noi.
- Sébastien Japrisot, La cattiva strada, 126

La cattiva strada (Les mal partis, 1950) è un romanzo molto potente ed emozionante, drammatico per certi versi, ma davvero coinvolgente.

La trama di per sé è molto semplice e lineare
Tutto si articola attorno all'impossibile storia d'amore tra Denis e suor Clotilde e alla sua evoluzione nel corso della narrazione.
Anche l'ambientazione e gli eventi storici che fanno da background alla vicenda (ci troviamo in Francia durante la Seconda Guerra Mondiale), seppur siano abbastanza percepibili, rimangono sempre marginali.

Questa semplicità emerge anche nello stile di scrittura dell'autore, che definirei estremamente essenziale.
La prosa è pulita e sobria, quasi scarna; ma sono proprio queste qualità a renderla particolarmente incisiva e d'impatto.

Infatti, il giovanissimo Japrisot (all'epoca diciottenne) è riuscito a gestire alla perfezione questi pochi elementi a sua disposizione, sprigionandone un potenziale espressivo non indifferente.
In particolar modo, dimostra una grande bravura e dimestichezza nel cambio di punti di vista, che permette al lettore di seguire la vicenda da due prospettive diverse.

La caratterizzazione dei personaggi è uno degli aspetti più riusciti di tutto il romanzo.
L'autore scava nel profondo dei protagonisti, sviscerando quel turbinio di pensieri, emozioni e sensazioni contrastanti che affollano la loro interiorità.
La sua abilità di sondare la psicologia dei personaggi permette al lettore di approfondire questa relazione fuori dalle righe.

Sia Denis che suor Clotilde, per la prima volta, si confrontano con un sentimento nuovo: un amore travolgente e del tutto incontrollabile
Denis è in piena adolescenza, e vive ogni esperienza con la massima intensità.
Questo vale anche per l'affetto che prova per suor Clotilde, un affetto passionale, irruento, incontenibile e... tormentato. 
L'idea che questo innamoramento non sia sano, sbagliato agli occhi di Dio, lo angoscia terribilmente. 
Così come tortura l'animo di suor Clotilde, la quale tenta invano di reprimere questa attrazione, cercando di trasformarla in un sentimento più materno e ammissibile per il suo ruolo. 
Denis è riuscito a mandare per l'aria quella precaria accettazione che si era costruita a fatica negli anni, la stessa che la aiutava a sopportare una scelta non sua.

A un certo punto ho dovuto scegliere. Ma non ho scelto io. E' stato il nulla che ero a scegliere per me. io non ero ancora nata. E adesso, a ventisei anni, mi accorgo all'improvviso che mi sto muovendo, che vedo una luce in fondo al tunnel.
- Sébastien Japrisot, La cattiva strada, 99

La cattiva strada, in fondo, non è altro che un libro di scelte, buone o cattive che siano agli occhi degli altri. 
Ciò che conta veramente è intraprendere una strada, quella strada che è il risultato di una propria decisione.

Nel corso del romanzo assistiamo ad una commovente e incredibile evoluzione da parte di entrambi i personaggi, che si lasciano alle spalle la rigida e bigotta morale religiosa e i pregiudizi del pensiero comune, e si abbandonano alla naturalezza del loro amore, nonostante questo significhi apparire agli occhi della società come degli irresponsabili o dei poco di buono.

In conclusione, non posso che consigliarvi questo romanzo straordinario dal sapore tragico e malinconico.









mercoledì 9 giugno 2021

HENRY & JUNE di Anais Nin

Mi siedo davanti a una lettera o a un mio diario con il desiderio di onestà, ma forse alla fine sono la più gran bugiarda di tutti, più bugiarda di June, più bugiarda di Albertine, per via della mia apparenza di sincerità.
- Anais Nin, Henry & June, 49

TITOLO: Henry & June
AUTRICE: Anais Nin
EDITORE: Bompiani
COLLANA: Tascabili Bompiani
SINOSSI: Tratto dal diario non censurato di Anaïs Nin, questo ritratto autobiografico copre il periodo trascorso dall'autrice a Parigi tra il 1931 e il 1932. A quell'epoca risale l'incontro con Henry Miller e sua moglie June: un incontro che segnerà una svolta importantissima nell'evoluzione sentimentale e letteraria della scrittrice. Attratta dal fascino geniale di Miller e turbata dalla fisicità di June, la giovane Anaïs Nin inizia una sorta di educazione erotico-sentimentale che la condurrà alla completa maturazione emotiva e personale. Da questo gioco a tre, sotto la magistrale ''regia'' di Miller, sullo sfondo della Parigi negli anni trenta, si sviluppa un libro dai risvolti morbosiche completa l'immagine provocatoria di una scrittrice ormai consacrata tra i nomi più illustri della letteratura contemporanea. Titolo originale: ''Henry and June'' (1986).

RECENSIONE:
Dopo aver conosciuto una fantasmagorica Anais Nin romanziera, attraverso la sua opera surrealista La casa dell'incesto, mi sono lasciata incantare da una Anais Nin diversa, più intima e confidenziale... l'Anais Nin scrittrice di diari.

Questi quaderni, apparentemente così ordinari, assumono un ruolo fondamentale e imprescindibile nella vita dell'autrice, tanto da considerarli come una vera e propria dipendenza che ha continuato ad alimentare fino alla sua morte, avvenuta nel 1977.

Il diario nelle mani della Nin si trasforma in uno strumento intermediario tra il suo inconscio e la sua razionalità.
La scrittura diventa un mezzo atto a esternare e indagare tutto quello che si contorce dentro di lei: flussi di pensieri, immagini, sentimenti, sofferenza... 
Essenzialmente, tutto il suo mondo tumultuoso e affascinante è racchiuso in queste pagine sacre.

Nelle mani di un individuo ordinario il diario può essere considerato come un semplice rifugio, una fuga dalla realtà, come l'ennesimo stagno di Narciso, ma  Anais si rifiuta di lasciarlo affondare in questo modello...
- Anais Nin, Henry & June, 258

L'autrice conduce senza paura un'esplorazione estremamente profonda di se stessa e delle persone che la circondano, sviscerando fino in fondo l'intensità delle proprie passioni e della propria sessualità. 

Grazie alle sue parole, scopriamo alcuni aspetti interessanti del suo modo di amare: da una parte incontriamo sentimenti genuini, quasi materni, nei confronti del marito Hugo, il suo porto sicuro; dall'altra, invece, ci imbattiamo nei suoi desideri più carnali, quelli rivolti a chi desta in lei le emozioni più forti e incontrollabili.

Per questa sua duplicità, la Nin decide di scrivere due diari parallelamente: uno che potremmo definire ufficiale e un altro segreto.
A differenza della prima tipologia, che conosceva e leggeva anche Hugo, la seconda possedeva un carattere più intimo, in quanto riportava riflessioni sulla propria sessualità e contenuti dettagliati ed espliciti riguardo le sue relazioni extraconiugali e incestuose.
 
In quest'ultima categoria di quaderno "censurato" appartiene il diario rosso (quello che Bompiani inserisce in Henry & June).
Non è un caso che il titolo citi proprio due delle personalità protagoniste di queste pagine, le quali sconvolgeranno completamente l'intera vita di Anais Nin.

Siamo nella Parigi del 1931.
I coniugi Miller appaiono subito come una coppia molto enigmatica, difficile da inquadrare, ma, allo stesso tempo, intrigante.
Nella loro fama controversa c'è qualcosa che cattura l'attenzione di Anais, spingendola ad approfondire questa nuova conoscenza.

Vive nel riflesso di sé negli occhi degli altri. Non osa essere se stessa. Non c'è nessuna June Mansfield.
- Anais Nin, Henry & June, 22

Fin da subito le è chiaro che il suo rapporto con June oltrepassa i sentimenti di una semplice amicizia.
Quello che nasce è un amore alimentato dalle innumerevoli bugie di June, che intesse attorno alla sua persona fatta di tanta apparenza.
Anais non sa mai fino in fondo chi sia questa donna, nonostante riesca a scorgere dietro il suo aspetto da femme fatale una persona fragile e dipendente.
Quello che la Nin scopre di June Mansfield è un qualcosa che neppure suo marito Henry ha mai provato a immaginare, fisso in una concezione sbagliata di lei.

Invece, chi è Henry Miller?
Uno scrittore squattrinato che riversa nelle sue opere la parte più cinica, feroce e realista della sua personalità... quella che non risparmia nessun genere di critica.
Eppure, questo Henry analista è lo stesso uomo che non è riuscito a rimanere immune al fascino seducente di Anais Nin, una donna con la quale adora sia discutere di letteratura e scrittura che amare appassionatamente nella camera del suo appartamento a Clichy.
Ed è la stessa donna che possiede le capacità di farlo sentire smarrito nell'universo delle sue certezze, distruggendo quella corazza di durezza e rabbia che lo protegge dal mondo.

Se inizialmente la loro poteva essere considerata una semplice attrazione carnale, alla fine cogliamo una profonda evoluzione che li conduce verso un amore intenso e viscerale.
Insieme le loro personalità si completano, ed è come se due mondi, uno più razionale e l'altro più sentimentale, si unissero per dar vita a una relazione unica.

Anais inserisce tra le pagine del suo diario alcuni estratti delle lettere che Henry le scriveva quotidianamente, rendendo ancora più coinvolgente la lettura.
Da queste parole possiamo scorgere un uomo completamente innamorato, posto quasi in atteggiamento di divinazione verso questa donna talmente unica da sembrargli irreale.
Il sentimento di ammirazione, inoltre, si rivolge anche alle grandi abilità della Nin di creare uno stile di scrittura innegabilmente singolare.

... Soprattutto è la lingua della modernità, la lingua dei nervi, delle repressioni, di pensieri larvati, di processi inconsci, di immagini non completamente staccate dal loro contenuto onirico; è la lingua del nevrotico, del pervertito, "marmorizzata e venata di verde ramè", come dice Gautier, riferendosi allo stile della decadenza...
Quando cerco di capire a chi devi questo stile, rimango frustrato. Non mi viene in mente nessuno a cui assomigli anche minimamente. Mi ricordi soltanto te stessa...
- Anais Nin, Henry & June, 260

Concordo pienamente con quanto scritto da Miller.
Lo stile di scrittura della Nin  è elegante, sinuoso e surrealista.
Si alternano periodi molto lunghi e articolati, che sembrano rallentare il tempo e lasciare l'azione sospesa, a frasi brevi e spezzate, che creano un ritmo frenetico e ansiogeno.
Questo andamento contrastante e ambiguo riesce a sedurre, stupire e turbare.
Quando crediamo di essere sprofondati nelle contorte, e delle volte contraddittorie, riflessioni della Nin, ecco che qualcosa esplode, cambiando repentinamente la velocità della narrazione.

Anais Nin riflette nelle sue parole il suo amore per la sperimentazione, una particolare audacia che la contraddistingue sia nella sua arte che nella sua vita.
Non tutti, infatti, hanno il coraggio di chiudere gli occhi e vedere se stessi senza maschere.
L'autrice fa uso di uno strumento, il più delle volte sottovalutato, per indagare i meandri del proprio essere: l'immaginazione.
Essa è un qualcosa di così personale che inevitabilmente ci mostra parte di noi. 
Il difficile, però, è saper tradurre questo linguaggio estremamente personale in quello della ragione, sfida che la Nin ha accettato senza esitazioni.

All'interno del libro non possiamo fare a meno di addentrarci sempre di più nella vita interiore della scrittrice, scoprendo ferite che ancora tentano di rimarginarsi.
Anais vuole amare, ma, soprattutto, vuole essere amata
Il motivo per cui si circonda di innumerevoli relazioni amorose è proprio quello di placare il dolore di un vuoto che si porta dentro da quando era bambina: l'assenza di un padre che le ha lasciato solo un ricordo terribile.

Anais sfrutta il suo aspetto peculiare per incuriosire e ammaliare, mascherando quel fisico minuto da eterna bambina sotto un abbigliamento eccentrico e fuori moda, che le conferisce un tocco esotico e magico difficile da ignorare.

Interessante e magnifica è la sua evoluzione nel corso del diario, un'evoluzione che ha preso un evidente avvio dopo la conoscenza di June e Henry, per poi spostarsi sul campo della psicoanalisi.

Personalmente ho trovato questo libro davvero interessante e illuminante.
In primo luogo perché la Nin non si riduce a mostrarci il suo fantasmagorico universo, ma ci lascia intraprendere contemporaneamente un nostro personale viaggio interiore e non solo, in cui siamo quasi costretti a riflettere su noi stessi e a porci domande talvolta scomode.
Ringrazio Anais per avermi spronato ad ascoltarmi con più attenzione e a dare maggiore spazio al potere immenso dell'immaginazione, lasciandolo crescere senza ostacolarlo.

Concludo consigliandovi assolutamente questo libro, in particolar modo agli amanti del genere letterario del diario e a coloro che vogliono approfondire la figura di Anais Nin.
E nulla, io non vedo l'ora di poter leggere tutti i suoi altri diari!

Caro FANTASMAGORICO LETTORE
se sei giunto fin qui sei il mio eroe del cuore e ti ringrazio!
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venerdì 14 maggio 2021

ZISKA LA STREGA DELLE PIRAMIDI di Marie Corelli

L'orario e il chiaro di luna tramavano il loro mistero: il mistero di un'ombra e di una forma che sfiatò come un sottile vapore dai portali dell'antico tempio della morte e, trascinandosi poco in avanti, si definì nella bellezza visionaria di un profilo di donna - una donna i cui capelli scuri ricadevano pesanti come gli scampoli neri delle bende di un cadavere sepolto ormai da tempo; una donna i cui occhi brillarono di un fuoco sacrilego quando alzò il viso alla luna bianca e segnò l'aria con le sue braccia spettrali.
- Marie Corelli, Ziska La strega delle piramidi, 9

TITOLO: Ziska La strega delle piramidi
AUTRICE: Marie Corelli
EDITORE: Castelvecchi
COLLANA: Biblioteca dell'immaginario
TRADUTTORE: Marco Bisanti
SINOSSI: Armand Gervase ha tutto ciò che si può desiderare dalla vita: fama, successo, donne, denaro e, come artista, può senz'altro dirsi realizzato visto che le sue opere sono esposte nelle più importanti gallerie del mondo. Il suo quadro più famoso raffigura un'affascinante donna dell'antico Egitto su uno sfondo ricco di particolari, anche se Gervase non ha nessuna conoscenza della storia del regno dei faraoni: come ha potuto dipingere un simile ritratto? L'artista, prigioniero di una vita lussuriosa e decadente, non sembra porsi il problema. Almeno finché al Cairo non incontra la misteriosa principessa Ziska, una donna di straordinaria bellezza in grado di ammaliare chi l'ascolta con appassionanti storie ambientate nella remota antichità egiziana. Catturato dal fascino di Ziska, Gervase sarà presto costretto a fare i conti con un evento soprannaturale: la principessa è identica alla donna del suo famoso quadro e quella inaspettata visione sembra improvvisamente parlargli di esperienze già vissute. Ciò che appare come inspiegabile, allora, si colorerà di inquietudine profonda in una storia in cui il sapiente intreccio dei temi della seduzione, della reincarnazione e della vendetta spiegano lo straordinario successo di questo romanzo nel periodo vittoriano.

RECENSIONE:
Nessun luogo potrà mai competere con il fascino ipnotico e travolgente dell'Egitto.
Una terra di enigmi e magia, di leggende e miti, di arte e meraviglia; eppure, tutta questa intrigante realtà resta oscura alla calca frenetica di inglesi, letteralmente impazziti per il "viaggio alla moda".
Trascorrere la tradizionale "stagione" londinese in questo luogo misterioso e selvaggio sembra procurare a tutta l'alta società vittoriana il brivido della novità: qualcosa di sensazionale e unico, capace di valicare le strette e tanto detestate convenzioni sociali.

Nella grande hall del Gezireh Palace Hotel un gruppetto di rispettabili britannici è in procinto di prepararsi all'imminente ballo in maschera.
Quella sera, affermano, saranno presenti alla festa alcuni ospiti importanti, tra cui spicca il celebre pittore francese Armand Gervase, il quale si trova al Cairo per condurre alcuni studi sulle donne orientali... o per lo meno, questa è la motivazione ufficiale.
Bisogna sapere, infatti, che Gervase deve gran parte della sua fama alla sua indole passionale e focosa, oltre che alle sue indubbie doti pittoriche. 
In aggiunta, non mancherà la presenza di una donna davvero intrigante: la principessa Ziska.
Tanto acclamata per la sua bellezza conturbante, in realtà delle sue origini si conosce ben poco.
Alcuni ritengono che sia la moglie di un principe russo e che sia estremamente ricca, altri, invece, credono che non vi sia nessun marito e che possieda una sorta di attitudine... soprannaturale.
Quest'ultima congettura è da attribuire al dottor Maxwell Dean, uno studioso a dir poco anticonvenzionale.
Tra i suoi numerosi interessi e studi prettamente "ordinari", infatti, si annoverano materie dal carattere occulto ed esoterico, che ruotano attorno all'indagine di "fenomeni strani".
Per alcune sue teorie viene definito un tipo strambo, pur rimanendo un tipo simpatico e affabile.

Quando finalmente iniziano i festeggiamenti, la principessa Ziska entra in scena, confermando tutte quelle voci sulla sua straordinaria bellezza... una bellezza dai tratti marcatamente egiziani.

Gli occhi di tutti sono rapiti da quella ammaliante presenza, eppure un'inspiegabile presentimento turba l'animo di Armand Gervase.
Il pittore non riesce a spiegarsi la sensazione di conoscere Ziska, di averla già incontrata prima di quel momento. 
Ma dove e quando?
Quello sguardo ferocemente attraente, quel corpo leggiadro, quel particolare tono di voce e quella risata cristallina gli sono terribilmente familiari, e lo riconducono a ricordi vaghi e lontani.
Tuttavia, a sconcertare veramente Gervase è la certezza di aver amato questa donna, e di continuarla ad amare impetuosamente tutt'ora!

Non reclamo il titolo di sovrana. Per stasera sono il quadro vivente di una persona un tempo famosa, una poco di buono che aveva quasi il mio nome, una danzatrice del passato nota come Ziska-Charmazel, la favorita dell'harem di un grande guerriero egiziano che storie dimenticate annoverano come "il possente Arasse".
- Marie Corelli, Ziska La strega delle piramidi, 41

In seguito a questo incontro, bizzarre coincidenze cominciano a susseguirsi senza tregua nel corso della vicenda, culminando in una scoperta sconvolgente. 
È impossibile non rimanere sconcertati dall'impressionante somiglianza che Gervase e Ziska hanno con i soggetti di un antico bassorilievo egiziano: il forte guerriero Arasse e la sua amante Ziska-Charmazel.

Macabre e violente storie del passato si attorcigliano al presente; vendette silenziose e crudeli prendono vita per dare giustizia ad un torto subito; teorie sull'immortalità dell'anima diventano l'unico modo per spiegare l'inspiegabile. 

Per chi studia le cose con intelligenza non c'è tempo né distanza. Sin dal suo primissimo inizio la storia è come una straordinaria catena in cui nessun anello si spezza mai davvero, e in cui ogni parte è in stretta connessione con l'altra, anche se la ragione stessa dell'esistenza di questa catena è un mistero irrisolvibile.
- Marie Corelli, Ziska La strega delle piramidi, 137


Ziska La strega delle piramidi (Ziska. The Problem of a Wiked Soul, 1897) è un romanzo straordinario, e non potrebbe essere altrimenti vista la singolarità della sua artefice: Marie Corelli.

Donna dalla personalità eccentrica e fuori dalle righe, duramente criticata per il suo orientamento sessuale e per le sue scelte di vita, Marie Corelli (nome d'arte di Mary Mackay) fu una delle scrittrici più popolari in epoca vittoriana, che anticipò la fantascienza al femminile. 
Tutta la sua produzione letteraria ebbe un immediato e strabiliante successo, e i suoi libri furono letti e amati persino dalla Regina Vittoria e Oscar Wilde!
Anche lo scrittore Henry Miller fu un suo grande fan, definendo il suo lavoro come "straordinario e accattivante" e parlando della Corelli come un'autrice estremamente sensuale, pur non descrivendo mai rapporti erotici.
Alcune recenti indagini dei cultural studies, inoltre, hanno riconosciuto il valore dei suoi romanzi in quanto importanti testimonianze dei gusti, opinioni, abitudini di lettura e dell'ossessione sessista della classe media inglese in epoca vittoriana.  

L'idea maschile dell'amore è prendere tutto ciò che si può da una donna e in cambio non darle altro che infelicità, a volte - e altre volte, morte.
- Marie Corelli, Ziska La strega delle piramidi, 91

Da grande appassionata di esoterismo e di egittologia quale era, la Corelli non si è lasciata sfuggire l'occasione di dar vita ad un romanzo dall'ambientazione favolosa.
L'Egitto si presta benissimo come palcoscenico di una bizzarra ma quanto mai singolare vicenda.
Un luogo dalle atmosfere esotiche e misteriose, un luogo in cui lo scorrere del tempo non procede secondo una linea retta, sempre avanti in vista di un futuro senza passato, ma si muove circolarmente, come in un continuo e irrefrenabile eterno ritorno.
Il passato non è morto in queste terre, ma continua a vivere nel presente, come un nonno che non smette di raccontare una storia a suo nipote.
E se a ricordarci di un'epoca remota vi sono le monumentali piramidi e la silenziosa sfinge, esiste anche qualcosa di più terrificante e soprannaturale in grado di riportare a galla eventi dimenticati.

Cosa può esserci di più potente del desiderio di vendicare un torto subito, di pareggiare i conti e punire chi non ha mai pagato per il crimine commesso, tanto potente da non perire neppure nella morte? 
La reincarnazione, la trasmigrazione della anime e l'amore eterno incorporeo sono tutti elementi che si intersecano alla storia della principessa Ziska, e grazie al personaggio dell'erudito dottor Dean veniamo a conoscenza di teorie esoteriche affascinanti e inquietanti.

Anime che sono fatte per stare insieme; anime che continuano ad occupare nuovi corpi, in nuove epoche, per incontrarsi ancora e percepire quell'inspiegabile senso di familiarità. 

Chissà chi è stato il detentore dell'anima di Armand Gervase, un'anima così infuocata e passionale tanto da desiderare ardentemente l'amore di Ziska. 
Il loro rapporto estremamente intimo e intriso di sensualità ci trasmette un senso di languore e struggimento. 
Il tormento accompagna costantemente Gervase, e come una marionetta si lascia manovrare dal potere insidioso della principessa. 

Benché la crudeltà di Ziska possa farla apparire come un personaggio spietato e senza pietà, c'è una spiegazione alle torture inflitte al suo amante: la rabbia di un cuore tradito e infranto. 

Perché, di solito, gli uomini non capiscono l'amore. Capiscono il desiderio, talvolta pari alla spietata cupidigia per ciò che riescono ad ottenere. Ma l'amore, l'amore che resiste lealmente e in silenzio al logoramento del dolore e al passaggio degli anni, l'amore che sacrifica tutto all'amato senza mai cambiare o vacillare, è una passione divina che mai o quasi mai santifica ed ispira la vita di un uomo. 
- Marie Corelli, Ziska La strega delle piramidi, 202

Libera di esprimere se stessa e i suoi sentimenti, il personaggio straordinario di Ziska impersona la donna che non si sottomette alle costrizioni imposte da una società perbenista e maschilista come quella vittoriana. 
Proprio attraverso questo personaggio viene espressa un'aspra critica alla mondo moderno. 

Non posso che concludere consigliandovi questo romanzo sovrannaturale, coinvolgente e intrigante, che saprà trasportarvi in un universo leggendario e affascinante. 


















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